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Emmanuel Macron in Vaticano. «Il potere temporale ha bisogno di un contrappeso», afferma Rémi Brague

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Antoine Mekary | Aleteia and Stephane De Sakutin | AFP

Aymeric Pourbaix - Samuel Pruvot - pubblicato il 25/06/18

In occasione della sua visita in Vaticano e nella Basilica di San Giovanni in Laterano, il 26 giugno 2018, il presidente francese Emmanuel Macron sarà accompagnato da una delegazione politica – almeno due ministri – ma anche intellettuale, associativa e mediatica. In quest’ultima compare il filosofo Rémi Brague, membro dell’Institut de France e specialista del mondo medievale. Per lui una delle sfide della visita consiste nel “contrappeso spirituale” che la Chiesa può apportare al potere temporale – ha confidato il filosofo a i.Media e a Famille Chrétienne.

Perché il Vaticano è un passaggio obbligato per un Presidente?

Venire a Roma è il segno del fatto che si vogliono buone relazioni tra la Chiesa e lo Stato. Auguste Comte aveva avuto il merito di comprendere che il potere civile, la cui potenza era ancora accresciuta, nell’evo moderno, dai progressi dell’industria, aveva bisogno di un contrappeso sotto forma di un potere spirituale. Egli voleva rimpiazzare il papato. Ora, da quando questo ha perduto quasi completamente ogni potere temporale, e dunque ora che non ha più interessi particolari da difendere, esso è più libero di assumere questo ruolo di autorità morale. Così, senza disporre delle “divisioni blindate” sulle quali Stalin cercava ragguagli, esso ha potentemente contribuito a far cadere i regimi leninisti dell’Est. Più discretamente, esso è servito da mediatore in parecchi conflitti: sia direttamente sia per il tramite della Comunità di Sant’Egidio. Un capo di Stato intelligente deve percepire i limiti del proprio potere a partire da questo esempio.




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Il rapporto tra spirituale e temporale è stato talvolta burrascoso, nella République… Quali sono le previsioni del tempo per il quinquennio di Emmanuel Macron?

Quei rapporti non hanno avuto inizio con la République. C’è a tal proposito un problema vecchio tanto quanto la Chiesa. Da principio perseguitata dallo Stato romano, essa ha sempre cercato di mantenere la maggior di stanza possibile nei confronti dell’Impero divenuto cristiano. I rivoluzionari hanno cercato, nel 1791, di realizzare ciò che i re di Francia avevano solo potuto sognare: una Chiesa di funzionari totalmente sottomessa al potere statale. Nel 1793 hanno cercato di farla finita col cristianesimo. Per alcune decine di anni, sotto la Restaurazione legittimista e poi all’inizio del secondo impero, la Chiesa – ancora suonata dopo la Rivoluzione – ha accettato di collaborare col Trono. Fin dagli inizi della III Repubblica, è questo periodo quello che gli anticlericali, generalizzandolo (a discapito della realtà storica), hanno imbalsamato e issato ad esemplarità. Perché ci sia un rapporto tra spirituale e temporale, bisogna che i due esistano e si riconoscano mutuamente come legittimi. Ora, il temporale è costantemente tentato di annettersi lo spirituale, per esempio creando un’artefatta religione civica. Nell’ultimo quinquennio s’erano intese voci in tal senso. Al momento, pare che il presente lustro non conosca tale tentazione. Però non ne abbiamo visto che un solo anno…


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Nel 1992 lei ha scritto Il futuro dell’Occidente. Nel modello romano la salvezza dell’Europa. Che cosa può apportare la sapienza di Roma al potere politico su questioni brucianti come quella dei migranti?

La Roma che potrebbe aiutarci a risolvere tali brucianti problemi non è il “modello romano” di appropriazione delle culture straniere, di cui parlo nel mio libro. È piuttosto la Roma della storia, quella che ha inventato la politica come arte di conservare la testa fredda, il contratto come impegno reciproco delle parti, che fanno entrambe concessioni e si considerano tenute a rispettare le clausole.




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[Traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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