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Ex chiese trasformate in discoteche: il Vaticano stoppa le vendite

ex chiesa milano, ora gattopardo

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La ex Chiesa di San Giuseppe della Pace a Milano, diventata il Gattopardo, disco club

Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 27/11/18

Freno anche per edifici di culto diventati caffè, sport club, pizzerie. Nuove regole in vista: si opterà per comodati d'uso con dei vincoli precisi

Il numero di chiese «dismesse» è destinato a crescere, in Occidente, e la faccenda minaccia di diventare una tendenza anche in Italia: l’ex edificio sacro ridotto a «location suggestiva» come una discoteca o un ristorante

Per questo la Santa Sede — attraverso il pontificio consiglio per la Cultura, presieduto dal cardinale Gianfranco Ravasi — ha organizzato assieme alla Cei e all’Università Gregoriana dei gesuiti un convegno che il 29 e 30 novembre, per la prima volta, affronterà la questione in modo sistematico: 35 delegati di 23 conferenze episcopali di Europa, America settentrionale e Oceania saranno chiamati ad approvare delle «linee guida sulla dismissione e il riuso del patrimonio ecclesiastico», per evitare il peggio. Titolo: «Dio non abita più qui?».

Vendite solo per evitare il deperimento

Spiega don Valerio Pennasso, direttore dell’Ufficio per i Beni culturali della Cei che il problema è l’uso profano. Di qui le linee guida: la vendita solo come «extrema ratio», ad esempio, «per evitare il deperimento»; meglio la cessione in comodato vincolata a determinati usi.

Il principio è semplice, riassume don Pennasso: «Si tratta di garantire un uso sociale, caritativo, culturale che tuteli dignità e dimensione comunitaria del luogo: va bene una biblioteca, una mensa dei poveri, uno spazio per gli anziani o i giovani, ad esempio, non certo feste, pizzerie o negozi di abiti…» (Corriere della Sera, 25 novembre).

Cosa è accaduto finora

Attualmente la gestione delle chiese dismesse – in particolare se di valore artistico – è regolata anche dagli accordi concordatari. Tuttavia a favorire la cessione è il valore commerciale dell’edificio per la zona della città in cui si trova, per i risparmi che derivano a parrocchie in non floride condizioni economiche o agli Istituti di sostentamento del clero che si fanno carico di edifici che non producono reddito. Cedendo la chiesa a un privato diventa difficile impedire le trasformazioni, magari in una discoteca o in un centro commerciale. Differente è il comodato d’uso, realizzato d’intesa con un’istituzione pubblica.




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Da Milano a Genova

Per esempio a Milano, in via Piero della Francesca, la chiesa che fino al 1971 fu di San Giuseppe della Pace è un «disco club», il Gattopardo, dal 2001. In provincia, a San Donato Milanese, una chiesetta cinquecentesca ospita un ristorante pizzeria. A Genova l’ex chiesa di Santa Sabina è diventata una filiale di banca Carige.

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Il fotografo Andrea Di Martino, dal 2008 al 2013, ha documentato la metamorfosi di una settantina di chiese: sport club, moda, caffè, banche, magazzini ma anche librerie, musei e teatri. Alla Gregoriana saranno esposte le fotografie vincitrici di un concorso via Instagram per testimoniare le trasformazioni positive.

Complessivamente alla Cei ne risultano «diverse centinaia», ma le dismissioni sono più frequenti in Francia, Belgio, Olanda, Germania, Svizzera, Usa e Canada.

I numeri delle chiese in Italia

Le chiese nella Penisola sono circa centomila: 66 mila sono proprietà delle parrocchie; alcune migliaia (non sono mai state censite) sono di ordini religiosi e di confraternite.

Infine 820 chiese sono proprietà del Fondo edifici di culto (Fec) del ministero degli Interni e alcune molto celebri. A Firenze, Santa Maria Novella, Santa Croce, San Marco. A Roma Santa Maria in Ara Coeli, Santa Maria del Popolo, Santa Maria della Vittoria, Sant’Ignazio, Santa Maria Nova, Santa Francesca Romana, Santa Maria sopra Minerva, San’Andrea della Valle, Santi Giovanni e Paolo al Celio. Edifici che furono espropriati nell’Ottocento dallo Stato italiano, come aveva fatto lo Stato Sabaudo in Piemonte.

Chiesa Santa Maria Novella
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Chiesa di Santa Maria Novella

L’esperimento che non piace alla Cei

Per far fronte alle difficoltà economiche e di gestione ed evitare la dismissione, il Fec sperimenta il biglietto d’ingresso di alcune chiese. Monsignor. Nunzio Galantino, già segretario della Cei e ora presidente dell’Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica (Apsa) esclude che questa possa essere una soluzione:

«Per i biglietti d’ingresso alla Cei sono arrivate moltissime proteste, pur in presenza di una diversificazione tra partecipazione liturgica e percorso turistico. È una questione complessa: gli introiti bastano a malapena a coprire le spese delle cooperative» (Voce Tempo, 20 novembre).

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