Le leggi islamiche sono tra le più severe che esistano al mondo, il ruolo della donna in questa religione è marginale se non spesso inferiore a quello dell'uomo. Verso la fine dell'anno 2017 in Iran si è svolta una manifestazione di donne che rifiutavano di dover indossare il velo in ogni occasione e così, una di loro, in segno di protesta si è sciolta i capelli. Questo gesto le è costato molto caro, difatti le autorità iraniane l'hanno condannata a 2 anni di reclusione; la sentenza è arrivata, forse non troppo casualmente, il giorno della festa della donna ovvero l'otto di marzo.

Incoraggiamento alla corruzione morale in pubblico

Vida Movahed non è stata la prima ad essersi tolta il velo in pubblico, già altre donne prima di lei lo avevano fatto ma a nessuna mai era stata comminata una pena tanto severa. Il rischio ora è che la punizione venga estesa anche ad altre 35 donne che avevano sfidato la morale pubblica in passato. L'accusa, secondo il tribunale iraniano, è stata quella di aver incoraggiato il pubblico alla corruzione morale; la massima autorità religiosa e politica in Iran, Khamenei, conferma la pena e scrive su Twitter: "Nella religione islamica la donna ha un ruolo inserito in una cornice ben precisa. La donna musulmana è colei che viene guidata dalla castità e dalla fede.

Oggi esiste un quadro che devia questo concetto, ovvero il modello occidentale. Grazie all'uso dello hijab l'Islam ha stoppato la tendenza occidentale che vuole portare le donne a condurre uno stile di vita deviante. Lo Hijab è un simbolo di immunità e non di restrizione". Queste affermazioni dovrebbero invece far riflettere molte persone che, con intenti non discriminatori, minimizzano questa tendenza e portata simbolica del velo.

Un libro che arriverà presto in Italia, Anatomia dell'oppressione, analizzerà proprio come alcune religioni utilizzino il corpo femminile per veicolare la loro visione, proprio tramite il dress code, partendo dai capelli.

Il punto di vista dei musulmani

Uno dei poeti più famosi in Siria, Ahmad Said Isbir, narra proprio della violenza unita all'islam sostenendo che la legge della religione deve essere estranea a quella politica.

Il poeta dichiara che mentre nel mondo non islamico una donna può decidere se sottoporsi alla legge divina, nei Paesi islamici non può farlo. Il velo - dice Isbir - è un simbolo, ovvero un velo sulla ragione. Isbir non è l'unico a denunciare pubblicamente questo atteggiamento dell'Islam, nel 2014 anche la giornalista iraniana Alinejad lanciò su Facebook una campagna per chiedere alle donne musulmane di levarsi il velo e di postare una loro foto senza.