Non sono trascorsi molti giorni da quando Lavinia Flavia Cassaro, una professoressa evidentemente antifascista, si è scagliata contro le forze dell'ordine durante un corteo organizzato a Torino in risposta all'iniziativa elettorale di CasaPound Italia, attaccando duramente i poliziotti presenti alla manifestazione, passando da un "vigliacchi, mi fate sc**fo, dovete morire!", a un "mezza cartuccia del ca**o!". Un atteggiamento non molto elegante, ma soprattutto inappropriato che, da quando si è verificato, è stato riportato da tutti i canali d'informazione.

Intervistata da un inviato del programma "Matrix", l'insegnante ha spiegato di aver augurato la morte a quegli uomini "perché in questo momento stanno proteggendo il fascismo", ribadendo di non ritenerlo un gesto scorretto, e rettificando che "non è sbagliato perché io mi sarei trovata, mi posso trovare e mi potrei trovare, fucile in mano, a lottare contro questi individui".

Immancabile, a questo punto, la reazione dell'ormai ex segretario del Partito Democratico Matteo Renzi, presente in studio durante la trasmissione del servizio: "La mia unica espressione rispetto a queste parole si sintetizza con la frase 'che sc**fo! Secondo me - ha proseguito l'ex premier - lo dico con molta sincerità, un'insegnante che augura la morte di un poliziotto o di un carabiniere andrebbe licenziata su due piedi.

[...] Un'insegnante viene pagata per andare ad educare la cittadinanza nelle scuole". Non si è fatta attendere, ovviamente, la replica della professoressa stessa su Facebook: "Meno male che Renzi c'è! Lei, caro Matteo, ancora si affanna per cercare di sembrare un sincero democratico di sinistra? Licenziamento immediato per un'insegnante (antifascista), giustamente delusa dal sistema statale, per il vilipendio quotidiano nei confronti della Costituzione, per le connivenze, ma soprattutto le pratiche fasciste in questo Paese".

In merito alla questione, si è espresso anche il Cub Scuola, che ha precisato: "Forse il suo è stato un comportamento fuori luogo, ma è evidente che in questo caso vi è stato chi ha cercato di utilizzare la vicenda a fini di propaganda elettorale. Si tratta di una pesante intromissione della politica in una situazione che non ha bisogno di enfatizzazioni, ma di equilibrio.

Depositatosi il polverone attuale, si potrà affrontare la situazione nei suoi termini reali". È interessante appurare come alcuni giuristi antifascisti siano d'accordo con gli atteggiamenti discutibili dell'insegnante elementare, ora indagata e a rischio licenziamento.

L'annosa questione dell'ideologia fascista ancora presente in Italia in forma propagandistica e apologetica, regolamentata dalla legge Scelba-Mancino e dal disegno di legge Fiano, si ripresenta in questa sede in una veste inedita, poiché stavolta la figura che appare nel torto è curiosamente quella dell'antifascista, e quanto accaduto la settimana scorsa non fa che riproporre il dibattito sulla tolleranza verso il fascismo in seno all'opinione pubblica, alla filosofia politica e all'ambito legislativo del nostro Paese, proprio in un periodo teso come quello relativo alle elezioni politiche.

Conseguenze e politica elettorale

Numerosi sono gli argomenti sviscerati e strumentalizzati in questa campagna elettorale dai vari partiti a scopo propagandistico e certamente non poteva venir meno il tema degli estremismi ideologici, dei loro simboli e della loro manifestazione, specie se rinvianti al variegato panorama partitico attuale e che contempla tanto esponenti di ultradestra, quanto rappresentanti di estrema sinistra. Impossibile non annoverare, tra i primi, lo stesso CasaPound Italia e Forza Nuova, e tra i secondi il Partito Comunista e Potere al Popolo, mentre il resto dell'offerta elettorale spazia da centrosinistra a centrodestra. Ed è proprio a un presidio contro Forza Nuova in piazza Statuto a Torino, organizzato dal centro sociale Askatasuna, che la professoressa Cassaro si è rifatta viva, in seguito alle dichiarazioni rilasciate al "Corriere Torino" in cui denunciava: "Il fascismo non è mai stato debellato in questo Paese che va verso un degrado culturale impressionante.

Provi a leggere il programma di CasaPound... In questa città dormiente, arida, spenta, priva di identità, giovedì (primo marzo, ndr) arriverà il capo di Forza Nuova, [Roberto] Fiore, che è un criminale conclamato. E la polizia lo proteggerà."

Forse è il caso di spostare temporaneamente il focus sui programmi elettorali di alcuni partiti che si sono espressi in merito alla necessità o all'inutilità di proibire per legge simboli che richiamino al fascismo: sembrerà ironico, infatti, che tra i contrari a questo "oscurantismo" dell'estrema destra compaiano sia partiti di destra che partiti di sinistra. In disaccordo con la proibizione, infatti risultano CasaPound e Forza Nuova, ma anche (e inaspettatamente per molti) il Partito Comunista.

Pare infatti che, oltre all'antieuropeismo, quest'opinione sia l'unico punto in grado di accomunare i neofascisti ai comunisti, con l'appoggio corollario del centro (Movimento 5 Stelle) e di parte del centrodestra (Fratelli d'Italia e Lega).

Da un lato, infatti, CasaPound, alla domanda di un giornalista de "La Stampa" in merito alle conseguenze della legge Fiano da poco approvata, ha ribattuto: "Il Ddl Fiano è una schifezza. Ma non può danneggiare CasaPound, che il fascismo non lo ha mai sventolato ma sempre incarnato nella sua dimensione rivoluzionaria, di sguardo verso il futuro. Fascismo è guardare sempre avanti costantemente, è modernità, senza guardare indietro con nostalgia, pur mantenendo saldi i punti di riferimento" e Forza Nuova gli fa eco sul sito dichiarando: "Forza Nuova sollecita l’abolizione delle leggi liberticide conosciute come Mancino e Scelba, espressioni normative di una cultura dominante che tirannicamente impedisce pensiero ed azione, volti alla difesa della nostra storia nonché del patrimonio culturale e religioso del nostro Paese."

Queste promesse vengono poi condite da opinioni più moderate e orientate ad un approccio diverso, come il tweet di Giorgia Meloni, che recita: "Col #ddlFiano del Pd chi richiama la gestualità del fascismo rischia il carcere.

Leggete voi stessi la follia liberticida di questa legge", mentre Matteo Salvini rettifica, in un'intervista sempre per "La Stampa", che "stiamo passando da fascisti su Marte a fascisti in galera. Con questa legge dite agli italiani che i cattivi sono quelli che vendono una bottiglia con la faccia di Mussolini sopra. È un vergognoso dibattito su un elemento di folklore". E dall'altro lato anche il neonato Partito Comunista manifesta la propria contrarietà, quasi agganciandosi alle considerazioni della Lega: "La modernità dell’antifascismo oggi non sta nel tromboneggiare durante le celebrazioni del 25 aprile o fare leggi per decreto che possono fare un favore all’estrema destra. Quando si vuol bloccare il diritto di sciopero o si regalano miliardi alle banche è fascismo.

Gli amici dei padroni, che sono quelli al governo, gridano contro il fascismo ma finiscono per colpire le classi popolari e fanno risultare i fascisti simpatici. Bisogna fermarsi e dire una cosa molto chiara: chi pensa di sconfiggere il fascismo per legge, ha sbagliato strada. Il problema vero sono le rimozioni delle cause sociali che generano il fascismo. [...] È come la Boldrini che parla dei monumenti fascisti e dice che è brutto che restino. Il problema sono le questioni sociali. Io esorcizzerei pure il saluto romano del tassista fascista. Sono tutte cose folkloristiche."

Costituzione

Sulla scia del recente plot twist della Cassazione [VIDEO], che ha ritenuto legale, aggrappandosi all'incompletezza delle leggi contro l'apologia del fascismo, il saluto romano [VIDEO] se compiuto solo a scopo commemorativo e non violento, si potrebbe dire che partiti di opposte ideologie si trovano d'accordo su una questione dirimente come questa a ragion veduta, anche solo rifacendosi alla Costituzione italiana.

Oltre al fattore culturale e folkloristico, infatti, un altro motivo per cui un partito sinistrorso risulta contrario al divieto di manifestare un pensiero fascista o di esporne i simboli è l'appello all'articolo 21, dedicato alla libertà di stampa e rifacentesi esplicitamente al principio della libertà di manifestazione del pensiero e di coscienza, espresso nell'articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948. Ma se da un lato l'articolo 19 sentenzia che "ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere", l'articolo 21 stabilisce che il diritto di manifestare il pensiero in ogni forma è libero, tranne nei casi di reati o di oltraggio al buon costume.

L'articolo 19 è stato in seguito parafrasato nell'articolo 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali del 1955, che lo ha diviso in due sentenze, mentre il nostro articolo 21 ha finito per incarnare il significato di libertà d'espressione, di pensiero e di informazione. Di particolare interesse, in questa sede, paiono i primi due commi della Costituzione, emblemi della libera manifestazione del pensiero:

  • "Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione."
  • "La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure."

Questi passaggi illustrano inequivocabilmente la massima ragione per cui non è culturalmente e socialmente giusto discriminare atteggiamenti, espressioni o simboli che inneggiano al fascismo, finché questi non nuocciono alla società e non si configurano come un'imposizione politica, che sono poi giurisdizione delle leggi contro l'apologia.

Il che, in ogni caso, apre nuovi spunti sul tema della tolleranza ideologica.

Tolleranza illuminata e paradossale

Il noto filosofo ed epistemologo Karl Popper, noto per il falsificazionismo, disse una volta: "La tolleranza illimitata porta alla scomparsa della tolleranza." Tale sentenza diede il via al paradosso sulla tolleranza e al dibattito intorno ad esso, venendo spesso usato come argomentazione contro il nazifascismo. Fondamentalmente esso si interroga sul limite tra tolleranza e intolleranza: quando la prima sfocia nella seconda? Se tolleriamo gli intolleranti, siamo tolleranti o intolleranti? È de facto un quesito paradossale, che esplica quanto la tolleranza illimitata porti all’estinzione della tolleranza stessa, alla sua autodistruzione, poiché le persone tolleranti furono le prime ad essere eliminate dagli intolleranti nonostante i primi avessero tollerato l’evidente intolleranza dei secondi.

Ma se tra i pensatori che si occuparono della tolleranza ce ne sono molti e quasi tutti Illuministi, uno in particolare ha centrato il punto di quest'articolo ed è Voltaire, il quale, mirando all'annientamento del fanatismo, difese i diritti inalienabili dell'uomo, che possono essere garantiti solo in uno Stato in cui vi siano libertà d'opinione e tolleranza. Nel suo capolavoro di polemica civile, il "Trattato sulla tolleranza", il messaggio è chiaro: dato che l'uomo è per sua costituzione un essere fragile e incline all'errore, la tolleranza è l'atteggiamento più adatto alla condizione umana. Pluralismo, libertà, critica, tolleranza: sono questi, per Voltaire, i valori di una società veramente civile, nella quale ciascuno dovrebbe dire ai propri avversari "non approvo ciò che affermi, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto di affermarlo."