Le suore, donne e ragazze che hanno deciso di abbandonare la propria vita, i propri interessi e la propria comunità per mettersi al servizio di quella vocazione che le ha spinte a seguire la strada di Dio. Semplici persone che hanno deciso di mettere la propria vita al servizio della comunità, del prossimo e dei bisognosi, ma che si ritrovano invece a venire trattate come se fossero delle badanti o delle figure di poco conto dai propri superiori. La maggior parte di loro non ha un vero e proprio orario di lavoro ed è costretta a lavorare per ventiquattro ore al giorno, dovendo mangiare all'interno della cucina, isolate dal resto della comunità solo perché qualche "superiore" non dona loro l'importanza che meritano.

A rendere pubblica la situazione a cui sono costrette a sottostare parecchie sorelle è stato proprio l'Osservatore romano, una delle tre fonti ufficiali (assieme a Centro Televisivo Vaticano e Radio Vaticana), denunciando i 'soprusi' subiti da quelle povere donne che mai avrebbero potuto immaginare di essere trattate miseramente da coloro che hanno scelto la loro stessa strada. Stando a quanto denunciato da una delle consorelle, il loro lavoro non è ben retribuito, a volte non lo è minimamente, e vengono completamente sfruttate: alcuni superiori le costringono ad alzarsi all'alba per preparare la colazione, le obbligano a stirare tutti i loro indumenti, a sistemarli, a pulire i vari luoghi ed a preparare ogni singolo pasto della giornata, lasciandole riposare solamente durante le ore notturne, quando tutte le mansioni sono state portate a termine.

Una situazione di degrado: le suore valgono meno di uno schiavo

Una delle suore che ha deciso di denunciare quanto accade all'interno delle varie comunità continua a porsi delle domande che, con molta probabilità, non otterranno mai risposta: 'è normale che un uomo di chiesa che ha consacrato la sua vita a Dio come ho fatto io, debba essere servito e riverito da una consorella?', domanda la sorella, 'è normale che un sacerdote costringa una sorella a servirgli dei pasti caldi e a rinchiudersi all'interno della cucina per consumare il proprio?'.

Molte di queste consorelle costrette alla "schiavitù" sono laureate in teologia, erano professoresse ed insegnanti di religione o di altre materie all'interno delle scuole ed adesso sono costrette ad aprire e chiudere la porta della chiesa per poi stirare gli abiti del sacerdote e tenere pulita la sua casa. Altre, invece, sono donne fuggite alla guerra ed a situazioni famigliari molto difficili da sopportare, sono probabilmente loro che, sentendosi in debito con il sacerdote o per paura di tornare nel proprio paese, decidono di proseguire i loro "lavori" in silenzio.

Una denuncia, quella dell'Osservatore romano, nella speranza di far comprendere a molti "uomini di chiesa" l'importanza delle consorelle, che non sono altro che persone che, come i sacerdoti stessi, hanno scelto di seguire una strada comune.