La squadra mobile della questura di Ragusa ha sottoposto a custodia cautelare in carcere cinque uomini di nazionalità romena responsabili di tratta di essere umani, violenze sessuali e sfruttamento di prostituzione minorile. Tra le tante vittime di questi cinque aguzzini, uno di loro ha avuto il coraggio di denunciare, presentandosi alla questura di Ragusa e raccontando agli investigatori le drammatiche condizioni in cui lui e molti altri suoi concittadini erano costretti a vivere. Romeni che detenevano in condizioni di schiavitù altri romeni, obbligati a vivere in situazioni disumane, impegnati a lavorare nelle campagne della provincia a raccogliere frutta e ortaggi senza ricevere alcuna retribuzione.

Le vittime sono uomini, donne, minorenni e anziani che, per sfuggire alle condizioni di estrema povertà in cui vivevano in Romania, si sono affidati a questi cinque uomini che promettevano loro di trovare una casa e un lavoro in Italia. Una volta arrivati nel “bel Paese” però, le condizioni sono differenti dalle aspettative: i "nuovi schiavi" sono privati dei documenti, tenuti prigionieri, ammassati in casolari senza luce, acqua, riscaldamenti e costretti ad indossare e nutrirsi con vestiti e cibo raccolti dalla spazzatura. E’ grazie al duro lavoro delle vittime che i cinque romeni sono riusciti a creare un grosso business che spazia dalla raccolta degli ortaggi fino alla prostituzione minorile.

Meccanismi di difesa messi in atto dalle vittime

Denunciare abusi e maltrattamenti subiti è un compito arduo per le vittime e non tutti riescono nell’impresa. Molti di loro, come nel caso della vicenda di cronaca di Ragusa, non hanno avuto il coraggio di esporre denuncia. Oltre alla paura ci sono dei meccanismi psicologici che spigano perché gli uomini sottoposti a violenze di vario genere scelgono di non denunciare e rimanere nella condizione di vittime.

Molti teorici della personalità hanno esplorato i meccanismi di difesa che sembrano essere coinvolti. Primo tra tutti il pensiero di gruppo: una combinazione di orgoglio gruppale, di conformismo e di culto del leader, che può spingere a decisioni impensabili e immorali. Inoltre vi è la proiezione che potrebbe sottendere la percezione che l’altro gruppo personifichi le azioni e i pensieri immorali che non ammettiamo in noi stessi.

In questo modo i soggetti si ritengono indegni di essere accettati e meritevoli di punizioni. Un altro meccanismo di difesa coinvolto potrebbe essere la scissione, ovvero la capacità di erigere barriere cognitive ed emozionali che dividono ciascuna parte di noi dall’altra. Questo meccanismo è usato anche rispetto all’olocausto per spiegare come le persone la cui mansione era commettere omicidi di massa, potessero tornare a casa dopo il “lavoro” e godersi una normale serata in famiglia.