Solo due anni e mezzo fa l'ex premier Matteo Renzi si era recato in visita a Pomezia e aveva definito la ADS una società simbolo dell'eccellenza italiana nel mondo. Ma in poco tempo è arrivato il tracollo. Prima con pagamenti che arrivavano sempre più in ritardo, quindi sono seguiti i debiti con il Fisco. A far traboccare il vaso sarebbe stato l'ingresso all'interno della società di un socio legato al padre dell'ex premier, Tiziano Renzi, che non avrebbe rivelato di avere precedenti guai giudiziari.

L'ex simbolo dell'eccellenza italiana

ADS è un acronimo che sta per "Assembly Data System".

Si comprende immediatamente come il core business della società sia l'information technology. Ma l'azienda dell'ex ad Pietro Biscu si occupa anche di infrastrutture di rete. La data fatidica per questa azienda è il 31 marzo 2016 quando, come riporta "Il Fattoquotidiano.it", si trova in visita a Pomezia l'allora premier Matteo Renzi che davanti alle telecamere della Rai, durante la trasmissione Porta a Porta, definisce la ADS un'azienda eccellente. Una realtà fatta di persone che 'scommettono sull'innovazione' e rischiano in prima persona. Anche perché l'ADS, metteva in evidenza Renzi, ha fatto ben 500 assunzioni con il Jobs Act. Di conseguenza, l'ex premier è disposto a spendersi per sostenere l'azienda e promette ulteriori aiuti.

Se non che, dopo meno di tre anni, esattamente il 12 settembre 2018, il tribunale di Velletri dichiara la ADS fallita.

La verità dell'ex ad Pietro Biscu

L'ex amministratore delegato Biscu ha rilasciato una lunga intervista a "Il Fattoquotidiano.it" spiegando quali sono, dal suo punto di vista, le ragioni del rapido tracollo di una società dell'IT che durante i suoi tempi d'oro occupava ben 1700 persone.

In primo luogo, Biscu mette in chiaro che lui e i suoi collaboratori più stretti si sono impegnati per non far perdere il lavoro a nessuno dei loro ex dipendenti. Infatti,attualmente, secondo l'ex amministratore, dei 1700 dipendenti iniziali solo 80 sarebbero ancora senza una nuova occupazione. Anche se i sindacati affermano che siano almeno 280 quelli ancora senza lavoro.

Biscu spiega che è vero che 500 persone sono state assunte con il Jobs Act, ma precisa che la crescita dell'azienda è stata precedente alla visita di Renzi a Pomezia nel 2016. Addirittura bisognerebbe risalire al 2009. Tanto più che secondo quanto riporta "il Fattoquotidiano.it" all'epoca della visita di Renzi l'ADS aveva già difficoltà finanziarie. 'Oltretutto - continua l'ex amministratore - proprio nel periodo della visita dell'ex premier l'azienda era alla ricerca di un finanziatore esterno avendo da poco perso un cliente importante'. Infatti, doveva ripagare un debito fiscale di 9 milioni di euro entro il 27 dicembre 2016. E qui inizia la parabola discendente dell'azienda che la porterà al fallimento.

I guai dell'ADS

A maggio del 2016, durante una cena a Roma, Pietro Biscu incontra Luigi Dagostino, general contractor pugliese ed ex socio del padre di Matteo Renzi. Secondo alcuni Dagostino sarebbe molto vicino a Matteo Renzi anche se l'ex premier ha sempre negato questa diceria. Successivamente a questo incontro Dagostino acquisisce il 65% della ADS. Un investimento iniziale di 3,5 milioni di euro più l'impegno a saldare il debito con il Fisco di 9 milioni di euro. Nella società entra anche Chicco Testa, il quasi ministro del governo Renzi, con una piccola quota del 5% che viene intestata ai suoi figli. Poi succede che l'ADS si interessa all'acquisto della Vitrociset che opera nell'ambito della sicurezza nazionale e gestisce le reti dati dell'esercito e di Bankitalia.

Secondo alcuni questo interessamento avrebbe avuto motivazioni politiche. Per alcuni Biscu sarebbe legato a Luca Lotti, l'ex ministro dello sport, ma lo stesso nega tale conoscenza. Il tracollo arriva rapidamente dopo che escono fuori i guai giudiziari di Dagostino. Questi lascia la società senza pagare nemmeno il debito di 9 milioni di euro con il Fisco. Per di più rivende il suo 65% all'ADS per 4 milioni di euro. Soldi che l'ADS gli avrebbe dovuto rifondere a rate nei mesi successivi.