L'estrema destra vince anche in Brasile, Jair Bolsonaro è il nuovo presidente con il 55 % dei consensi e le reazioni all'estero sono contrastanti. C'è chi teme che la deriva a destra del Paese sudamericano possa portare a politiche repressive come quelle che caratterizzarono la dittatura militare dal 1964 al 1985, ma la sensazione è che parecchi brasiliani abbiano optato per l'uomo forte o presunto tale per porre un freno all'altissimo tasso di criminalità presente un pò in tutte le grandi città. Tra coloro che esultano all'estero c'è il ministro dell'Interno italiano, Matteo Salvini che ha già annunciato l'intenzione di recarsi in Brasile ad incontrare il nuovo capo dello Stato.

A tutti gli effetti, Bolsonaro entrerà comunque in carica l'1 gennaio del prossimo anno. Ma la visita del vicepremier del governo Conte avrebbe un duplice scopo, il Viminale vuole riportare in Italia Cesare Battisti, condannato all'ergastolo in contumacia con sentenza definitiva del 1993, ma di fatto fuggito all'estero dal 1981, prima in Francia, poi in Messico, nuovamente in Francia ed in Brasile dal 2004.

Le dichiarazioni di Salvini e Bonafede

Alla notizia della vittoria di Jair Bolsonaro alle elezioni presidenziali, Salvini ha espresso i suoi complimenti in un Tweet, citando anche la questione dell'estradizione di Cesare Battisti. Eduardo Bolsonaro, figlio del nuovo presidente, ha risposto al Tweet affermando che "il regalo è in arrivo", riferendosi ovviamente all'ex componente dei Proletari armati per il comunismo, protagonista del lotta armata nel fatidici Anni di Piombo.

Da qui il proclama di Salvini, l'ennesimo gettato in pasto alla sua folta platea di followers: "Sarò lieto di recarmi personalmente in Brasile per andare a prendere Cesare Battisti, terrorista rosso, e portarlo nelle patrie galere". Il ministro della giustizia, Alfonso Bonafede, ha espresso lo stesso pensiero su Facebook. "I conttati con le autorità brasiliane sono stati avviati da mesi ed eravamo pronti ad un evento che poteva cambiare le cose, come la vittoria di Jair Bolsonaro alle presidenziali.

Cesare Battisti deve tornare in Italia, lo dobbiamo alle famiglie delle vittime ed anche al Paese".

Il caso Battisti

Cesare Battisti fu tra i protagonisti della lotta armata durante gli anni '70. Accusato della morte di Antonio Santoro, maresciallo della polizia penitenziaria ucciso ad Udine il 6 giugno del 1978 e dell'agente della DIGOS Andrea Campagna, freddato a Milano il 19 aprile del 1979, è stato condannato all'ergastolo per entrambi i casi ed è stato inoltre accusato di concorso morale nell'omicidio del gioielliere Pierluigi Torregiani, avvenuto a Milano il 16 febbraio 1979 e per concorso nell'uccisione del militante del MSI Lino Sabbadin, lo stesso giorno a Santa Maria di Sala, in provincia di Venezia.

La questione giudiziaria è molto controversa e nel corso del procedimento emersero comunque delle contraddizioni nelle dichiarazioni del pentito Pietro Mutti su cui è basata essenzialmente l'accusa. Ad ogni modo c'è una condanna definitiva emessa nel 1993 e contestata da Battisti che ha sempre negato di aver partecipato alle uccisioni in questione. Secondo la tesi dei suoi legali, infatti, le confessioni furono estorte con la violenza e gli stessi pentiti (come testimoni secondari figurano l'ex militante dei PAC Arrigo Cavallina e l'ex compagna di Battisti, Maria Cecilia Barbetta) non sarebbero attendibili poiché in cambio delle accuse contro l'ex militante della sinistra armata vennero scarcerati dopo pochi anni, nonostante le accuse mosse verso di loro non fossero meno gravi rispetto a quelle di Battisti.

Il diretto interessato è evaso dal carcere nel 1981 ed ha iniziato la sua lunga fuga all'estero, per un breve periodo in Francia e poi in Messico dove vive dalla fine del 1981 fino al 1990. Poi torna in Francia dove sconta una breve detenzione e viene poi scarcerato, perché la giustizia francese considera le prove a suo carico "contraddittorie" e "degne di una giustizia militare". Grazie alla dottrina Mitterrand verso i rifugiati politici resta in Francia ed ottiene la naturalizzazione che gli viene ritirata nel 2004. Con la presidenza Chirac, Parigi è favorevole alla sua estradizione, da qui la fuga di Battisti in Brasile nel 2004 ed il suo arresto tre anni dopo, fino alla concessione dello status di rifugiato politico nel 2010.

A settembre dello scorso anno venne arrestato mentre cercava di passare la frontiera con la Bolivia, il presidente brasiliano Michel Temer sembrava favorevole alla sua estradizione, ma nell'aprile di quest'anno il Supremo tribunale di giustizia del Brasile ha revocato tutte le misure cautelari nei suoi confronti, rinviando la decisione sine die. L'ultima parola sulla questione spetterebbe proprio al citato tribunale che, in effetti, nel 2009 si era pronunciato favorevolmente alla sua estradizione ma che, di fatto, venne bloccata dal provvedimento del presidente Lula. Il caso Battisti potrebbe causare una querelle istituzionale non indifferente tra politica e magistratura.