Mimmo Lucano, il sindaco di Riace salito agli onori delle cronache per aver agito in controtendenza rispetto alle indicazioni del vicepremier e ministro dell'Interno Matteo Salvini nella questione dell'accoglienza ai migranti, dovrà subire un processo. La decisione del rinvio a giudizio per il primo cittadino della città dei Bronzi è stata presa dal Gip di Locri Amelia Monteleone dopo 4 giorni di udienza preliminare e ben 7 ore di camera di consiglio. Lucano ed altre 26 persone sono accusati di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e irregolarità di gestione nel modello del paese.

La prima udienza del processo è fissata esattamente tra due mesi, martedì 11 giugno. Come Mimmo Lucano dovranno essere giudicati, dunque, anche altri 26 indagati tra i quali la compagna del sindaco, Lemlem Tesfhaun. Per altri tre indagati occorrerà un ulteriore esame della loro posizione in quanto, come fa notare il quotidiano "La Repubblica", la loro posizione è stata stralciata dal filone principale del processo per non meglio specificati "problemi tecnici".

Le parole di Mimmo Lucano

Di fatto, il sindaco di Riace è ufficialmente sospeso dalle sue funzioni fino alla conclusione del procedimento. Commentando la decisione del Gip di Locri, Lucano ha espresso tutta la sua sorpresa. Lo stesso aveva infatti ottenuto una parziale vittoria quando la Cassazione aveva ridimensionato alcune accuse a suo carico.

“Sono senza parole – ha commentato il primo cittadino ora sospeso poco dopo la sentenza – sono stato rinviato a giudizio anche per i capi di imputazione che la Cassazione ha demolito". Comunque, nonostante questa evidente discrepanza giurisprudenziale, Mimmo Lucano si dice deciso "ad andare avanti" e sicuro che "la verità si farà luce da sola".

La tesi dell'accusa

Come accennato la prima udienza del processo è fissata per il prossimo 11 giugno. A partire da tale data si cercherà di capire se, effettivamente, dietro il sistema di gestione dei migranti in funzione nel Comune di Riace fosse stato messa in piedi una vera e propria organizzazione criminale. Almeno questa è la tesi che sosterrà la Procura.

D'altra parte, fino a questo momento, nessun giudice ha mai avallato questa ricostruzione. Ma questo, ovviamente, non ha impedito alla Procura di ripresentarla. Anzi, il primo Gip Domenico Di Croce nonostante avesse ammesso "una gestione estremamente disordinata" dei fondi, aveva evidenziato come a Riace i servizi a favore dei migranti erano stati sempre erogati correttamente e "senza che nessuno intascasse un centesimo". Di conseguenza, le accuse contro Lucano erano state definite "congetturali", "Iaconiche" e tali "da non sostenere l'accusa". Anche la Suprema Corte ha confermato che a Riace non sarebbero state commesse irregolarità di alcun tipo. E anche i due capi d'accusa rimasti in piedi, dei 14 totali addebitati a Lucano, e cioè immigrazione clandestina e irregolarità nella gestione degli appalti erano stati ridimensionati dalla Consulta.

Ad esempio riguardo alla gestione degli appalti concessi a cooperative che utilizzavano sia lavoratori italiani che stranieri, il Supremo Collegio ha confermato che il Comune di Riace si è conformato strettamente alla legge. Nello stesso tempo, gli Ermellini hanno evidenziato come appaia quantomeno "pretestuoso" addebitare le decisioni al solo Lucano. Si tratta, infatti, di decisioni prese collegialmente dalla Giunta e Consiglio Comunale e, per di più, dopo aver chiesto gli indispensabili e necessari pareri tecnici. Tutte considerazioni che entreranno ora nel procedimento, per stabilire quantomeno una verità processuale.