"La lotta di classe esiste e l'abbiamo vinta noi". Ad affermarlo con senso profetico è stato in tempi non sospetti Warren Buffett - il terzo uomo più ricco del mondo - per indicare le crescenti disuguaglianze che si sono registrate negli Stati Uniti e più in generale nei Paesi occidentali dopo lo scoppio della crisi economica. Un fenomeno che purtroppo ha lasciato il segno anche nel Bel Paese, almeno a giudicare dalle ultime rilevazioni. Non a caso i dati vedono ogni giorno che passa assottigliarsi la classe media e crescere il divario tra i poveri ed i ricchi.

L'effetto a clessidra nella distribuzione dei redditi (ormai ben noto agli esperti di macroeconomia) registra una continua crescita delle dicotomie, trovando purtroppo conferma nei più recenti studi elaborati dall'Eurostat.

I dati più recenti sulla differente distribuzione dei redditi tra ricchi e poveri

D'altra parte, se si prendono in esame gli ultimi dati resi disponibili dai ricercatori, si evidenziano tutte le alterazioni ed i paradossi che hanno visto gli italiani andare sempre più in affanno per far quadrare il bilancio familiare a fine mese. Le evidenze dimostrano infatti che complessivamente la parte più povera della popolazione ha potuto contare solo sull'1,8% dei redditi, mentre il 10% dei più ricchi ha beneficiato di una quota corrispondente al 24,4%.

Allargando il campione di riferimento e prendendo in esame il 40% della popolazione con redditi più bassi, nel 2016 si registra che quest'ultimi potevano contare solo sul 19,1% dei redditi complessivi (mentre lo stesso dato si stabilizzava sul 20,2% nel 2010). Se si effettua inoltre un'analisi comparativa rispetto al 2008 (l'anno in cui è scoppiata l'ultima grande recessione), si osserva che chi risultava in stato di povertà poteva invece contare sul 2,6% dei redditi complessivi.

Come si è allargata la forbice sociale negli ultimi sei anni

A conclusioni simili si arriva purtroppo anche se si osserva in che modo si è allargata la forbice sociale tra ricchi e poveri negli ultimi sei anni rispetto ai dati aggiornati. L'Eurostat rileva infatti che a partire dal 2010 e fino al 2016 il parametro si è dilatato, registrando un divario crescente.

Precisamente, prendendo in esame il cosiddetto coefficiente di Gini (che di fatto rappresenta un indice di misurazione delle disuguaglianze) si è passati dal 31,7% al 33,1%. Una condizione che non sembra potersi modificare nel breve periodo, stante l'evoluzione del mercato del lavoro (e della sua progressiva precarizzazione), l'elevata disoccupazione giovanile e la crescita dell'area di disagio sociale. Non a caso, c'è chi lancia l'allarme al riguardo, come ha fatto recentemente il Centro Studi di Unimpresa, che calcola in quasi 10 milioni le persone che vivono in uno stato economico di difficoltà.

I dati riguardanti gli altri Paesi europei

Purtroppo anche in questa particolare classifica l'Italia fatica a tenere il passo rispetto alla media europea dei paesi più virtuosi.

Nel medesimo periodo infatti il 40% della popolazione europea ha potuto contare sul 20,9% del reddito complessivo. Il Paese dove lo stato di disuguaglianza appare meno concentrato è la Germania, dove il 40% della popolazione con redditi più bassi può contare sul 21,7% dei redditi prodotti. L'Italia si trova purtroppo dal lato opposto, stante che i dati appena messi in evidenza ci inseriscono nel gruppo delle nazioni dove le disuguaglianze restano più accentuate.

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