Se l’attenzione massima di giornali, siti e cittadini è rivolta alle nuove misure previdenziali come quota 41 e quota 100, bisogna dire che il nuovo Esecutivo ha in serbo qualcosa anche per le Pensioni in essere. La riduzione dei requisiti per accedere alle pensioni, la nascita di nuove misure che consentano ai lavoratori di superare i pesanti requisiti di accesso alle pensioni della Legge Fornero sono interventi importanti, ma non lo sono da meno quelli sulle pensioni di chi già le percepisce. La previdenza sociale italiana forse è il settore dove le differenze sociali sono tra le più evidenti.

Milioni di pensionati che percepiscono trattamenti previdenziali vicini o al di sotto della soglia di povertà, si contrappongono a pensionati che percepiscono assegni d’oro, vitalizi ed altri privilegi. In materia però il nuovo Governo, almeno stando a programma e contratto, ha in serbo alcune importanti novità, anche se come vedremo, molto discutibili se non addirittura conestabili.

Le pensioni minime e la dignità sociale

Quando si parla di cavallo di battaglia del Movimento 5 Stelle non si può non fare riferimento al reddito di cittadinanza. Si tratta della misura di contrasto alla povertà per persone che non hanno lavoro o che hanno redditi che non consentono loro di vivere dignitosamente.

La misura ha fatto capolino nel contratto di Governo e quindi anche la Lega, che con il M5S darà vita all’Esecutivo, sembra propensa a dotare il nostro ordinamento di questo strumento. Nel programma al reddito di cittadinanza si affianca la pensione di cittadinanza, uno strumento destinato a soggetti vicini o al di sotto della soglia di povertà, ma evidentemente, pensionati.

Si tratta dello strumento rivolto alle cosiddette pensioni minime che grazie alla misura salirebbero di importo. La soglia della misura è 780 euro e pertanto, con un assegno extra chi percepisce pensioni inferiori ed ha redditi tali da essere considerati in disagio sociale, arriverà a quella cifra. Non saranno le pensioni minime a 1.000 euro che se si parla di cavallo di battaglia, era quello di Forza Italia e di Berlusconi, ma è evidente che si tratta di un importante aumento di assegno per milioni di pensionati.

Assegni d’oro e flat-tax

Ogni qual volta si parla di misure previdenziali a qualsiasi livello, il problema maggiore sono la spesa pubblica della nostra previdenza sociale e le casse dello Stato. Anche l’aumento delle minime non è da meno perché il Governo sarà chiamato a coprire ciò che metterà in più nelle tasche dei pensionati. Le soluzioni più popolari e più utilizzate dalle due forze politiche sono sempre le stesse, cioè tagli alle pensioni d’oro ed ai vitalizi o privilegi di questi fortunati in quiescenza. Per pensioni d’oro si tende a considerare quelle superiori a 5.000 euro che non trovano giustificazione per il loro elevato importo, con i contributi versati dai fruitori. In pratica, pensioni più alte di quanto spetterebbe in base ai contributi versati durante la vita lavorativa.

Il nuovo Esecutivo pensa di ricalcolare le pensioni in essere superiori a 5.000 euro, con il sistema contributivo, cioè in base ai contributi versati e per quanto prima detto, in definitiva si tratta di una netta riduzione di assegno per molti. Secondo un articolo di ieri 24 maggio uscito sull’edizione digitale del quotidiano “Il Giornale”, questo fantomatico taglio alle pensioni d’oro si scontrerebbe con un altro provvedimento in cantiere per il nuovo Governo, la flat-tax. Ed i tagli di questo ricalcolo contributivo verrebbero meno proprio per la nascita della flat-tax, anzi, il pensionato d’oro percepirebbe ancora di più. Il quotidiano “La Repubblica” ha pubblicato uno studio che dimostrerebbe questa anomalia, messa in risalto da un esempio emblematico.

Il pensionato con pensione da 5.800 euro nette al mese, per via del ricalcolo con il sistema contributivo, perderebbe il 5% di pensione, cioè circa 300 euro. con la flat-tax e le aliquote ridotte che essa prevede, a questi pensionati si andrebbe a ridare, per via della tassazione ridotta, il 29% in più di prestazione previdenziale. In pratica, oltre 1.500 euro di pensione in più, al netto del taglio per il ricalcolo. In definitiva, anziché ridurre le pensioni d’oro, nel pacchetto completo delle misure del nuovo Esecutivo, si corre il rischio di aumentarle ed allo stesso tempo, al posto di risparmiare soldi da destinare ad altre misure, si corre il rischio di aumentare la spesa pubblica.