A chi converrebbe andare in pensione anticipata con uscita a quota 100 o a quota 41? Sommare gli anni di contributi all'età anagrafica partendo dai 64 anni, come nei piani di riforma delle Pensioni del Governo Conte e dei due partiti dell'Esecutivo, il M5S di Di Maio e la Lega di Salvini, porterebbe benefici soprattutto ai contribuenti che abbiano carriere regolari, stabili e lunghe e ai lavoratori statali. E' quanto scrive Il Messaggero di oggi sulla base dei calcoli dei dati contributivi fatti dalla società Tabula, guidata da Stefano Patriarca, fino a poco tempo fa consulente del Governo proprio per i temi legati alle pensioni.

In più, secondo le stime e i parametri presi in considerazione, la maggiore concentrazione dei possibili beneficiari delle pensioni anticipate a quota 100 sarebbe presente nelle regioni del Nord Italia.

Pensioni anticipate a quota 41 precoci e a quota 100: possibili requisiti di uscita e contributi

La proposta dei partiti di Governo in tema di pensioni prevede, oltre alla quota 100, anche l'uscita con i soli anni di contributi, ovvero con la quota 41 nella quale rientrano i lavoratori precoci, ovvero i contribuenti che abbiano iniziato a lavorare mediamente prima dei 19 anni di età. Il requisito dell'anno di contributi versati entro questa età, nelle intenzioni del M5S e della Lega, dovrebbe sparire: basterebbero 41 anni di contributi "secchi" per guadagnare la pensione anticipata, indipendentemente dall'età maturata e dagli altri paletti introdotti dai precedenti governi.

Ma nei conteggi di chi abbia maggiore convenienza a scegliere una delle due quote per arrivare alla pensione sono stati considerati tutti i parametri finora conosciuti della proposta di Salvini e di Di Maio: l'età minima per la quota 100 a 64 anni, il ricalcolo contributivo dell'assegno di pensione per i versamenti effettuati dal 1996 al 2011 e la possibilità di beneficiare di appena due anni di contributi figurativi, escludendo quelli della maternità e del servizio militare.

Questi nuovi paletti dimezzano la spesa pensionistica statale della riforma dettata dai partiti che, altrimenti, come calcolato da Tito Boeri, Presidente dell'Inps, schizzerebbe ad una somma tra i 15 e i 20 miliardi all'anno. Inoltre, si presuppone che non venga rinnovato l'Ape social, la misura di uscita anticipata a 63 anni in vigore, in regime sperimentale, fino al 31 dicembre 2018 per le uscite di particolari categorie di contribuenti che abbiano almeno 63 anni di età.

Quota 100 a 64 anni e pensioni precoci in uscita a 60 anni: ma a molti conviene l'Ape social

Dallo studio della società Tabula emerge che i maggiori benefici di uscita con le possibili nuove pensioni anticipate del Governo Conte sarebbero, innanzitutto, per i precoci con quota 41 (che, comunque, dal 2019 si adeguerebbe a quota 41,5 per l'incremento dell'aspettativa di vita). Per i precoci, lo sconto lavorativo sarebbe di due anni rispetto ai parametri della pensione anticipata della legge Fornero (oltre 43 anni per gli uomini dal 2019, oltre 42 per le donne). Mediamente, i precoci andrebbero in pensione all'età di 59-60 anni. Tuttavia, anche i lavoratori che non ricadano nella quota 41 potrebbero massimizzare il beneficio di uscita con la quota 100 fino a 3 anni a partire dai 64 anni (rispetto ai 67 anni previsti per la pensione di vecchiaia).

Entrambi i potenziali beneficiari delle due misure di Governo, in ogni modo, presentano la costante di appartenere alle categorie di contribuenti che abbiano potuto svolgere la propria attività lavorativa in modo continuativo (per tutti gli anni di versamenti richiesti) e stabile (ovvero senza interruzioni dettate da periodi di disoccupazioni e maternità). Questi due parametri sono evidenti tra i dipendenti del privato (soprattutto nelle regioni del Nord), ma ancora di più tra i lavoratori statali. Eventuali buchi lavorativi, al contrario, abbassano di molto la quota dei contributi versati scendendo fino ai 36 anni come traguardo massimo raggiungibile. Quest'ultimo scenario farebbe slittare l'uscita dei contribuenti ad un'età tra i 63 e i 67 anni con convenienza, dunque, a sperare nella proroga dell'Ape social, soprattutto per i lavoratori disoccupati, invalidi o per quelli che abbiano avuto lunghi periodi di malattia.