La vicenda di Aquarius, nave della ONG SOS Méditerranée, è al centro del dibattito che in questi ultimi giorni sta interessando l'ambito politico ed internazionale di Italia ed Europa; secondo gli ultimi aggiornamenti, ad oggi la nave sta percorrendo la rotta che porterà i 629 migranti a bordo nelle coste spagnole, precisamente a Valencia, grazie all'iniziativa del premier spagnolo, Pedro Sanchez. In conseguenza della gravità della Crisi Migratoria che sta costringendo decine di migliaia di uomini, donne e bambini a chiedere rifugio nei paesi europei e in virtù del fatto che l'Italia è il paese che per posizione geografica è più vicino alle coste dell'Africa settentrionale da cui partono i migranti, si è visto quanto sia importante cercare di coinvolgere gli altri paesi dell'UE nella gestione del fenomeno migratorio.

Ma siamo sicuri che la scelta del ministro dell'Interno di chiudere i porti alle ONG sia la più efficace?

La gestione dei migranti dopo il Regolamento di Dublino

Il sistema di gestione di migranti e richiedenti asilo viene definito dal Regolamento di Dublino, il quale delinea le condizioni per un'equa distribuzione degli immigrati nei Paesi dell'Unione Europea. L'ultima riforma di tale regolamento però non è stata approvata da diversi paesi UE (tra cui l'Italia) in quanto non sarebbe adeguata per gestire il carico di migranti nei periodi in cui i flussi migratori si fanno più intensi. Ciò ha causato una frattura interna all'UE in quanto diversi paesi del centro-est europeo (in particolare Ungheria, Italia, Austria; paesi in cui hanno predominato logiche politiche legate alla destra populista), respingono le modifiche del regolamento, mentre nell'Europa centro-settentrionale, con l'adesione della Grecia, si registrano posizioni favorevoli alla riforma.

Nello scenario europeo, frammentato dalle posizioni dei diversi leader, si evidenzia la crescente necessità di agire con riforme efficaci e tempestive sul tema migrazione. L'Europa ha chiaramente bisogno di politiche migratorie funzionali che permettano di gestire il fenomeno limitando i danni e i rischi sia per i migranti che per i paesi ospitanti.

Alcuni dati analitici

I dati statistici presenti sul sito del ministero dell'interno dimostrano che, rispetto agli anni precedenti (2016\2017), il numero di migranti sbarcati in Italia è notevolmente diminuito: nel periodo che va dal primo gennaio 2018 al 12 giugno 2018 sono 14.441 i migranti che hanno raggiunto il suolo italiano e che sono stati correttamente identificati; nel 2017 il numero era di 61.433 persone e nel 2016 furono 52.775 i migranti ad arrivare in Italia.

Analizzando il solo mese di maggio 2018, uno dei mesi in cui negli ultimi anni si è riscontrato un notevole numero di sbarchi, si può notare che la situazione è speculare: 3.963 migranti sbarcati contro i quasi 23 mila del 2017 e i quasi 20 mila del 2016. È chiaro che la portata del fenomeno migratorio, almeno in questo periodo, sia in notevole riduzione. E' opportuno precisare che le cause alla base della riduzione degli sbarchi possono essere temporali e circoscritte a dinamiche interne agli stessi stati del continente africano: non è assolutamente comprovato che tale fenomeno rappresenti la fine del fenomeno migratorio. In ogni caso l'utilizzo del termine "invasione" per rappresentare la criticità della situazione italiana in tema sbarchi, come ha spesso ripetuto il vicepresidente del consiglio Matteo Salvini in campagna elettorale, collide con i dati forniti dal Viminale che al contrario riportano un'importante riduzione degli sbarchi.

Altri dati forniti dall'organizzazione dall'Agenzia ONU per i rifugitati, UNHCR, mostrano il numero di rifugiati (ma non dei clandestini) ogni mille abitanti nei maggiori paesi europei: al primo posto troviamo la Svezia che con oltre 230 mila abitanti ospita 23,4 rifugiati ogni 1000 abitanti; l'Italia, sul fondo della classifica, ospita 2,4 rifugiati ogni 1000 abitanti; per offrire un altro metro di paragone, Malta, con appena 436 mila abitanti, ospita quasi 8.000 rifugiati, pari a 18,3 per mille abitanti. Anche dalla tabella dell'Agenzia ONU non si evince che l'Italia sia la nazione più presa di mira dagli sbarchi, tanto meno quella con il numero maggiore di rifugiati e richiedenti asilo. Di conseguenza la presa di posizione del ministro Salvini può portare all'inasprimento della già grave crisi migratoria: innanzitutto la scelta di chiudere i porti costituisce un precedente che potrebbe portare altri membri dei paesi UE a seguire la scelta del ministro dell'Interno e a mettere a rischio sia il ruolo delle maggiori ONG che operano nel mar Mediterraneo che la vita di migliaia di persone, ma è anche una scelta che mette in luce l'incapacità delle organizzazioni internazionali di provvedere a gestire tale situazione di crisi.

L'Italia dovrebbe piuttosto fornire agli altri paesi le indicazioni necessarie per un corretto ingresso e collocamento dei migranti, in modo tale da facilitare la gestione degli sbarchi e ridurne la portata; ovviamente è doveroso che i membri UE collaborino per favorire tale risoluzione piuttosto che adottare strategie di isolamento o di contrasto che porterebbero ad un'ulteriore frammentazione. A tal punto è opportuno sottolineare che la scelta di chiudere i porti alla nave Aquarius è tutto tranne che un deterrente per contenere l'immigrazione: secondo il ministro Salvini "alzare la voce paga", e probabilmente sarebbe utile e proficuo alzarla verso il Consiglio Europeo o i vertici UE piuttosto che impedire a donne e bambini di approdare in un porto sicuro, aggravando una situazione già notevolmente precaria. Se la "linea dura" del ministro insisterà su questo tipo di risoluzione si vedrà nei prossimi giorni poichè Aquarius non è l'unica nave a dover approdare in Italia.