Nei giorni scorsi il Parlamento ha approvato il decreto legge per la cessione alla Guardia costiera libica di 12 unità navali.

Tali imbarcazioni saranno adibite al pattugliamento delle coste libiche cercando di porre un tampone alla Crisi Migratoria che investe il paese nordafricano.

Il decreto ha ricevuto diverse critiche, sollevate fin da subito da alcuni deputati dei partiti di opposizione. Infatti, secondo questi, potrebbe sorgere un problema di costituzionalità poiché lo scopo dei pattugliamenti sarebbe quello di respingere i possibili immigrati andando quindi a contrastare la garanzia del diritto d'asilo prevista dalla Costituzione.

Nonostante le polemiche suscitate, questo ulteriore tentativo italiano di migliorare la situazione libica potrebbe rivelarsi l'ennesimo buco nell'acqua, non certo per una mancanza di volontà dell'Italia ma a causa della frammentata e instabile situazione Politica libica creatasi a partire dal 2011 in seguito al vuoto di potere innescato dalla caduta di Gheddafi.

Libia: un paese fuori controllo

Il paese nordafricano si trova in uno stato di profonda destabilizzazione in seguito all'intervento militare franco-inglese del 2011 che portò alla caduta del governo di Ghedaffi ( e per cui il presidente francese Sarkozy è tutt'ora indagato).

Infatti dal momento della destituzione del rais libico nessun altro è riuscito a prendere in mano le redini del paese, anche se esiste un governo internazionalmente riconosciuto (facente capo Fayez al-Sarraj) questi non ha un effettivo potere sull'intera nazione, poiché innumerevoli bande armate e milizie tribali si contendo il controllo del territorio.

Nelle città costiere come Tripoli la situazione non è migliore, anzi spesso le rivalità etnico-tribali sfociano in violenti scontri che portano a un cospicuo numero di morti.

Nel Fezzan, la regione desertica nel sud del paese, le milizie tuareg hanno il controllo della zona congiuntamente a gruppi islamici estremisti dediti al proselitismo nei confronti dei migranti che transitano in quella zona per raggiungere le coste libiche.

Questo è un ulteriore aspetto critico poiché non sono rari i casi di rapimenti di migranti a scopo estorsivo oppure l'arruolamento di questi in gruppi islamici promotrici della Jihad, ulteriore fattore di destabilizzazione per il paese.

Il business dell'immigrazione

A causa della situazione estremamente fragile in tutto il paese, a causa di un'economia praticamente inesistente, a causa dell'estrema povertà diffusa, l'unico modo per guadagnarsi da vivere è attraverso i commerci e le attività illecite, dal traffico di organi a quello di droga e armi; tra tutti ha trovato ampia diffusione il business del traffico di esseri umani.

Sembrava che a questa pratica fosse stato messo un freno quando lo scorso anno con gli accordi stretti da Minniti e l'Unione Europea con la guardia costiera libica e diversi gruppi armati la situazione di emergenza migratoria fosse stata arginata. All'inizio così fu, grazie anche alle "minacce" presentate dalle autorità italiane a quelle libiche; minacce che consistevano in un mandato di arresto internazionale a carico dei trafficanti più in vista nel caso di non allineamento con le richieste italiane. Tuttavia la stretta sul traffico di esseri umani portò a un aumento dei prezzi, guadagni che hanno fanno gola a molti, portando sempre più persone ad entrare nel circuito dei trafficanti di esseri umani.

Questo è il fattore chiave che ha contribuito a riavviare le partenze: la possibilità di un guadagno economico "facile" in un paese in cui le alternative sono praticamente assenti. Quale alternativa ci può essere in un paese senza la benchè minima organizzazione statale, un paese in preda all'anarchia e senza possibilità economiche?

In conclusione, per risolvere la crisi libica non basteranno certo 12 unità navali, ma si dovrà agire in maniera più prorompente, sia a livello economico sia a livello politico. L'italia ci sta provando ma ha bisogno di aiuto prima che una nuova crisi migratoria compaia all'orizzonte.