Di grande rilievo è l'odierna sentenza pronunciata dalla Corte Costituzionale: i giudici della Consulta hanno evidenziato che le statuizioni relative ai contratti di lavoro a tempo indeterminato definite "a tutele crescenti", così come previste dal Jobs Act, sono illegittime nella parte in cui determinano in modo rigido il risarcimento dovuto in favore dei lavoratori vittima di licenziamenti ingiustificati.

In particolare, è stato dichiarato incostituzionale l'articolo 3 comma 1 del Decreto legislativo n. 23 del 2015, approvato dall'esecutivo con a guida Matteo Renzi, nella parte in cui veniva prevista un'indennità crescente, in favore del dipendente ingiustamente licenziato, in ragione della semplice anzianità di servizio.

Tale sistema di calcolo dell'indennità è stato ritenuto contrario ai principi di ragionevolezza e di uguaglianza, collidendo con il diritto e la tutela del lavoro di cui agli articoli 4 e 35 della Costituzione.

Cosa prevede il Jobs Act in materia di 'tutele crescenti'

La riforma voluta dal Governo Renzi nel marzo 2015 prevede che il giudice, accertata l'illegittimità del licenziamento, condanni il datore di lavoro a pagare al lavoratore, un'indennità (non assoggettata a contribuzione previdenziale) di importo pari a due mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a quattro e non superiore a ventiquattro mensilità.

Il Decreto Dignità voluto dal Governo giallo-verde ha ritoccato la misura dell'indennità, ma non il concetto di "tutele crescenti": infatti i limiti minimi e massimi del risarcimento sono stati innalzati da 6 e fino a 36 mesi.

Di Maio: 'Anche la Consulta sta smantellando il Jobs Act'

Immediate le reazioni del mondo politico.

La pronuncia della Corte Costituzionale è stata subito commentata dal leader pentastellato Luigi Di Maio, Ministro del Lavoro: "il Jobs Act abbiamo iniziato a smantellarlo non solo noi, ma anche la Corte costituzionale"; "Il partito che doveva difendere" i lavoratori "con il Jobs Act ha eliminato i loro diritti e le loro tutele", ha proseguito Di Maio, evidenziando, da ultimo, che risulta imminente, nel'azione dell'attuale esecutivo, un progetto normativo volto a ripristinare il regime antecedente al Jobs Act.

La sentenza sarà depositata nelle prossime settimane, ma già nell'immediato sorge la questione di comprendere come si dovranno regolare i magistrati del lavoro, dinanzi ad un licenziamento illegittimo ed all'applicazione della tutela indennitaria. Facendo fede ai criteri precedentemente previsti durante il Ministero di Elsa Fornero, il giudice sarebbe tenuto a valutare ogni singolo caso di licenziamento, calcolando un'indennità che consideri non solo l'anzianità di servizio del prestatore di lavoro, ma anche le dimensioni dell'azienda datrice di lavoro e, più in generale, i comportamenti tenuti dalle parti in causa.