Anche se ancora non sono stati ufficializzati tempi e modi di primarie e Congresso, nel Pd è da tempo in atto una ‘notte dei lunghi coltelli’ tra le varie correnti e i cosiddetti big facenti parte del gruppo dirigente. A sganciare delle potenziali bombe contro i suoi avversari interni ci pensa stavolta Matteo Renzi. L’ex segretario Dem, secondo le anticipazioni del nuovo libro di Bruno Vespa ‘Rivoluzione’, pubblicate sui maggiori organi di stampa, ha rivelato di aver ricevuto, subito dopo la batosta elettorale subita dal partito nelle elezioni politiche del 4 marzo scorso, una sbrigativa telefonata da parte di dario franceschini in cui l’ex ministro della Cultura, e leader della corrente Area Dem, lo invitava caldamente a farsi da parte perché gli altri dirigenti avevano intenzione di stringere un accordo di governo con il M5S.

Ma Renzi racconta anche di essersi opposto ad una “intesa” tra il suo successore, Maurizio Martina, e Roberto Fico, leader dell’ala sinistra del Movimento.

Matteo Renzi e il ricatto della ‘vecchia sinistra democristiana’

Dunque, secondo quanto racconta Matteo Renzi all’inossidabile produttore di libri Bruno Vespa, la mattina del 5 marzo 2018, a poche ore dalla bruciante e storica sconfitta del Pd nelle elezioni politiche che aveva aperto la strada di Palazzo Chigi al M5S, Dario Franceschini alzò la cornetta del telefono per chiamarlo e dargli una sorta di avviso di sfratto dal Nazareno. Mi disse “in modo sbrigativo” che dovevo lasciare la segreteria Dem. A quel punto, rivela l’ex premier, lui stesso comprese che una parte del partito brigava per un accordo di governo con i pentastellati già dalla notte della sconfitta elettorale.

Le accuse renziane ricadono su un gruppo ben definito: la “vecchia sinistra democristiana” che si era prefissa lo scopo elitario e supponente di “romanizzare i barbari” pentastellati.

Il gran rifiuto renziano alle sirene pentastellate: ‘Manco morto’

Ma non solo, perché Renzi parla anche di diversi incontri con i rappresentanti del Movimento i quali desideravano chiudere un accordo che prevedesse Luigi Di Maio alla presidenza del Consiglio e lo stesso Matteo Renzi ‘battitore libero’ grazie alla esperienza di governo già accumulata.

Nessun veto, insomma, alla collaborazione con lo statista di Rignano, ma la risposta fu inequivocabile e ultimativa: “Manco morto, io non ci sono, noi non ci siamo”.

No all’asse Martina-Fico

La contrarietà cosmica di Matteo Renzi ad instaurare un qualsiasi tipo di rapporto con gli odiati grillini si sarebbe manifestata,sempre secondo il suo racconto, nel momento in cui stava per stabilirsi un’intesa tra Maurizio Martina e Roberto Fico.

Una sorta di “sistema”, lo chiama Renzi, che avrebbe dovuto portare alla “follia” del “bipolarismo populista” M5S-Lega, con il Pd ridotto a fare da portatore d’acqua dei pentastellati. In pratica, Renzi accusa il “fuoco amico” proveniente da dentro il Nazareno, non certo da fuori, di averlo disarcionato. “Chi mi ha fatto la guerra sono stati i miei”, conclude con amarezza.