Venerdì 6 aprile, a Carrara, la sezione locale dell’Anmil (Associazione Nazionale fra Mutilati e Invalidi del Lavoro) ha organizzato al cinema Garibaldi un incontro con le scuole superiori sulla disabilità, sui disabili a lavoro e sullo sport per disabili. L’organizzazione della mattinata prevedeva di concludere l’incontro con la proiezione del cortometraggio 'Senza… Peccato' del regista Marco Toscani, e con una discussione sulla sessualità dei disabili - un argomento delicato e sottovalutato. Il video dura circa cinque minuti, e il protagonista Daniele Ciolli racconta il rapporto di un ragazzo disabile alla sessualità.

Tre dei professori del liceo, però, si sono opposti non solo alla proiezione del cortometraggio, ma anche a qualsiasi accenno all’argomento della sessualità. 'Oltre a quelle fisiche evidentemente esistono barriere culturali come il pensare che i disabili non abbiano desideri sessuali' ha commentato il regista.

Sessualità e tabù

Ora, l’azione dei professori risulta come un vero e proprio atto di censura - anche se si potrebbe concedere che i temi trattati nel cortometraggio siano sufficientemente delicati. Ma il fatto che siano delicati non implica che non siano adatti alla sensibilità di studenti delle scuole superiori, sopratutto in un mondo in cui la sessualità, che si voglia o no, è presente nella vita di tutti i giorni anche nelle sue forme più distorte.

Detto altrimenti, un cortometraggio di circa cinque minuti sulla sessualità delle persone disabili costituisce l'ultimo problema nello sviluppo della coscienza degli studenti che hanno accesso illimitato per esempio a internet.

Il regista ha aggiunto che il tema, sopratutto il Italia, è off-limits. In altri paesi europei, come Germania, Belgio e Olanda esistono già servizi di assistenza sessuale per i disabili''.

In Italia molti disabili tendono a rivolgersi alla prostituzione per soddisfare le pulsioni. Il diritto alla sessualità è un argomento che non si può trattare, quando già la sessualità in sé costituisce un problema.

Ma la sessualità è ancora davvero un tabù come sostenevano le teorie sviluppatesi nella seconda metà del XX secolo?

Effettivamente al contrario, potremmo dire di aver assistito e di assistere a una vague di liberalizzazione del discorso sulla sessualità sopratutto in seguito ai movimenti del maggio del '68. Non è più solo questione di tacere, ma piuttosto di parlare e di confessare la propria intimità sessuale.

La sessualità come confessione e il controllo

Michel Foucault tratta il tema della sessualità nei tre volumi de "Histoire de la sexualité" dei quali il primo pubblicato nel 1976, distaccandosi dalle teorie contemporanee, legate ai movimenti di liberalizzazione del maggio '68. Movimenti che sostenevano l'ideologia repressiva, cioè la teoria che sostiene che le società occidentali siano state soggette a una progressiva repressione del discorso sessuale, costringendo gli individui al totale silenzio sull'argomento, e trasformando il sesso in un puro e semplice tabù.

La libertà, secondo queste teorie, risulta al contrario dal lottare contro la norma istituita e parlare di sessualità e di sesso, liberando la propria identità più intima.

Al contrario, il filosofo francese sostiene che il vero controllo sulla sessualità, il vero potere, si sia prima di tutto spostato dalla Chiesa alla medicina - che cataloga ogni patologia sessuale in modo estremamente specifico e chiaro - e che questo potere si sia esercitato tramite un’incitazione alla “confessione’’ sessuale. Confessione che avveniva prima all'interno di un discorso peccatore-Padre, ora in un discorso paziente-medico. Questo “rito'', sostiene Foucault, è il fulcro del potere esercitato sulla società in sé, ed è strettamente legato a quello economico e politico, poiché permette di gestire in modo profondo le norme di comportamento degli individui nella società, creando una specie di decalogo della sessualità e delle pratiche sessuali.

L'interiorizzazione della norma

La libertà data dalla liberalizzazione del discorso sessuale quindi sarebbe solo apparente. Nel senso che si tratta esattamente di quello che si deve fare secondo la norma della confessione. Il paradosso dal quale si può dedurre tutto questo sta nel fatto che nonostante si definisca la sfera sessuale come intima e privata, ne parliamo pubblicamente in continuazione. Quindi, quello che facciamo pensando di sottrarci alla norma del silenzio del tabù, lo facciamo in realtà avendo interiorizzato completamente la norma che rende ogni discorso sulla sessualità una confessione.

La libertà allora sta nel tacere? Non forzatamente. La confessione di cui parla Foucault pone un problema nel momento in cui si limita ad essere una confessione.

Quello che Foucault vuole trasmettere, è che sia necessario fare un elogio della sessualità piuttosto che partecipare alla sua condanna. Il filosofo ci spinge a porci delle domande sul modo in cui pensiamo di essere oppressi da ogni parte da leggi e norme tradizionali, a dover nascondere delle pratiche di vita, a reprimere la nostra sessualità. In realtà, è il modo in cui parliamo, il modo in cui trattiamo il discorso a renderlo una forma di tabù e quindi di confessione. Rapportarsi al discorso in un modo diverso costituisce la libertà: non trattarlo come una rivoluzione, e soprattutto non censurarlo.