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Nelle ultime settimane la Francia di Emmanuel Macron sta manifestando la sua proiezione geopolitica sulla scia dell’espansione degli interessi del colosso energetico nazionale, Total. Come accade in Italia con l’Eni, il campione nazionale dell’energia a controllo pubblico è un formidabile apparato di proiezione dell’interesse nazionale transalpino, un consorzio dall’elevata strategicità per Parigi. Ma se in Italia spesso succede che le partecipate pubbliche svolgano un ruolo di supplenza dell’azione diplomatica e dell’elaborazione dell’interesse nazionale, in Francia la relazione è biunivoca: Total, così come altri attori, partecipa dell’elaborazione delle rotte dell’interesse nazionale, ma l’Eliseo tiene le redini del processo e, ragionando in ottica di “capitalismo politico”, fa degli affari delle sue multinazionali un volano.

Lo si vede chiaramente dagli ultimi risultati conseguiti dal gruppo nel contesto mediorientale ed africano, ove Total si muove sul solco tracciato dalla politica nazionale, contribuendo ad ampliarlo. Nelle scorse settimane, in particolare, sono stati due i Paesi attenzionati dal colosso guidato dal gruppo di La Défense: Iraq e Uganda.

Mega-affare in Iraq

A fine agosto Total ha piazzato un risultato importante siglando una maxi-partnership col governo di Baghdad per sviluppare appalti dal valore complessivo di 27 miliardi di dollari. Una vera e propria manovra finanziaria, per usare un paragone italiano, o una tranche intera di Recovery Fund andrà al gruppo energetico transalpino per progetti nel settore del petrolio, del gas, del solare. L’ad Patrick Pouyanné ha firmato l’accordo a Baghdad alla presenza del primo ministro Mustafa Al-Kadhimi e del ministro del Petrolio Ihsan Abdul Jaber, annunciando un investimento iniziale da 10 miliardi. Per i prossimi venticinque anni Total rafforzerà le attività nel Paese in cui nel 1924 ha iniziato ad operare: costruirà oleodotti, gasdotti, impianti moderni nei pozzi del Paese, lancerà le prime, strutturate, centrali alimentate con fonti rinnovabili, creerà occupazione e posti di lavoro ben remunerati nel Paese. Inoltre il gruppo investirà in impianti per riutilizzare il gas bruciato di tre giacimenti petroliferi per generare elettricità sfruttando tecnologie innovative e avvierà la costruzione di un impianto solare per garantire un efficace rifornimento alla strategica regione meridionale di Bassora, tra le più ricche di risorse energetiche ma tra le più povere e meno servite di tutto l’Iraq, in un’area dove le sue attività si sovrapporranno a quelle del Cane a sei zampe. Un progetto ambizioso su cui punta fortemente anche l’Iraq, Paese che mira a ridurre la dipendenza energetica dal vicino Iran sul fronte del gas naturale e a diversificare l’economia.

La firma dell’accordo è arrivata ai margini dell’importante visita di Macron nel Paese mediorientale, in cui il presidente ha ribadito la volontà di Parigi di continuare a supportare Baghdad nella lotta al terrorismo anche dopo il ritiro statunitense, che aprirà la strada al comando italiano della missione occidentale in loco e dunque a uno spazio d’azione per i Paesi europei, e lanciato un messagigo all’Iran. Macron ha chiamato nelle scorse settimane il presidente Ebrahim Raisidichiarandosi pronto a riprendere i discorsi sul rilancio degli accordi sul nucleare, ma non ha mancato di utilizzare l’ambiziosa strategia di espansione di Total per fornire un indiretto mezzo di pressione su Teheran aiutando Baghdad ad affrancarsi dal legame con l’ingombrante vicino.

In prospettiva parliamo di un’importante scommessa politica sul fronte dei legami franco-iracheni e della proiezione di Parigi in Medio Oriente in una fase in cui dall’Iraq le compagnie occidentali si stanno via via ritirando. A  Exxon Mobil, Occidental Petroleum e Shell, già ritiratesi dai giacimenti petroliferi della regione meridionale di Bassora, potrebbero presto aggiungersi British Petroleum e la russa Lukoil, in un esodo motivato, secondo Sicurezza Internazionale, non solo dall’insorgenza degli attacchi terroristici contro le strutture, ma anche dall’aumento di casi di “estorsioni da parte di tribù, milizie e funzionari burocratici delle istituzioni statali”.

L’Uganda, la nuova frontiera di Total

A migliaia di chilometri di distanza, in uno scenario apparentemente periferico ma dalla crescente valenza geopolitica, la sinergia tra Total e governo francese si è consolidata: Parigi è intervenuta negli ultimi tempi consolidando la sua presenza a fianco dell’Uganda dopo che la crisi securitaria dell’Africa orientale ha messo a repentaglio le prospettive della costruzione dell’East Africa Crude Oil Pipeline (Eacop), l’oleodotto da quasi 1.500 km che collegherà il Paese ai porti della Tanzania e al cui consorzio partecipa anche Total.

Macron ha schierato elementi dei servizi segreti esteri (Dgse) nella regione dei Grandi Laghi e inviato ranger e militari ad addestrare le truppe ugandesi impegnate a presidiare la regione orientale del Monte Elgon, a cavallo del confine tra Uganda e Kenya, ove si temono infiltrazioni dei gruppi jihadisti del Corno d’Africa e, l’ancora più strategica regione montuosa del Rwenzori, che costituisce la frontiera con la Repubblica Democratica del Congo e la sua turbolenta provincia del Nord Kivu. StartMag ricorda che a ciò si aggiunge la crescita del sostegno militare francese a Kampala: “il produttore francese di attrezzature per la difesa Marck & Balsan ha vinto un importante contratto per equipaggiare le truppe da montagna delle forze di difesa del popolo ugandese (Updf) entro ottobre”.

In questo caso l’energia chiama un allineamento diretto in un altro ambito, quello militare, fungendo da cassa di risonanza per la proiezione di Parigi. A dimostrazione del fatto che lo Stato francese pensa in maniera organica mettendo gli interessi economici al servizio dei piani di proiezione della potenza nazionale. Potendo contare su potenzialità come quella economica, tecnologica e di conoscenza dei territori in cui opera propria di un gruppo consolidato come Total.