Gandhi: non violenza, pace, giustizia e verità. Pavia ricorda così i 150 anni del Mahatma
La professoressa Simonetta Casci: «Le sue idee sono attuali più che mai, funzionano ancora nell’integrazione tra i popoli»
Gaia CurciSono passati quasi 150 anni dalla nascita del Mahatma Gandhi, il 2 ottobre del 1869 a Porbandar, in India. Per festeggiare l’avvicinarsi dell’anniversario, il collegio Ghislieri di Pavia organizza mercoledì 27 marzo, alle 17, l’incontro “Gandhi, oltre l’India: valori gandhiani e integrazione sociale in Italia”. Vi partecipa la professoressa Simonetta Casci, la quale prende in esame i valori del Mahatma che possono ancora favorire l’integrazione dei migranti nel nostro Paese.
Dopodiché Roberto Burlando analizza la visione economica di Gandhi, sottolineandone la modernità. Piero Fornara, giornalista de “Il Sole 24 Ore”, presenta il libro su Gandhi scritto nel 1942 da Giorgio Borsa, docente dell’università di Pavia e professore emerito dell’università di Benares, tra gli iniziatori dell’indianistica italiana. Pietro Politi, direttore del Centro Gobetti di Torino, ricorda la figura e le idee del filosofo Aldo Capitini. Infine, due interventi vengono dedicati alla difficile integrazione degli stranieri in Italia: Nicoletta Del Franco illustra un’inchiesta antropologica sui migranti, in corso all’università di Parma, mentre Gabriella Calderaro del Centro Gandhi racconta la sua partecipazione a progetti gandhiani in Puglia.
«Gandhi è attuale oggi più che mai – assicura la professoressa Simonetta Casci – Il suo pensiero attinge a filosofie e religioni indiane, ma anche occidentali, a personalità come Tolstoj e Ruskin. I suoi valori fondamentali sono la non violenza legata all’idea di azione giusta e la verità. Il Mahatma predicava il coinvolgimento degli individui nella vita sociale e politica, seguendo un certo valore morale. Credeva che fosse necessario sempre agire al meglio, attraverso azioni esemplari, che per lui non dovevano essere chissà quali grandi imprese. Erano, anzi, atti quasi banali, come l’attenzione alla dieta, alle pratiche igieniche, alla natura, alla tessitura, nel tentativo di rendere partecipe ogni strato della società, gli inferiori e gli stranieri. Tali idee funzionano tuttora nell’integrazione tra i popoli e in alcune realtà persino italiane continuano fortunatamente ad essere prese come esempio per creare comunicazione con i migranti e i reietti».
Le convinzioni di Gandhi basate sulla non violenza, che hanno contribuito a portare l’India all’indipendenza e che hanno ispirato movimenti di difesa dei diritti civili e personalità quali Martin Luther King e Nelson Mandela, sono arrivate in Italia soprattutto grazie agli studi di Giorgio Borsa, pavese d’adozione, che ha insegnato per anni all’università di Pavia prima della morte nel 2002.
Di questo ne parla il giornalista Piero Fornara. «Borsa ha pubblicato nel 1942 il saggio “Gandhi e il Risorgimento indiano” – spiega Fornara – che poi è stato riedito da Bompiani nel 1983 con il titolo “Gandhi, un uomo di pace che divenne la fiera anima di un popolo”. La prima edizione è avvenuta quando l’Italia era in guerra e Borsa sotto le armi come ufficiale di cavalleria.
Gandhi era da poco riuscito a indurre cinquantamila persone a farsi volontariamente incarcerare violando, con un gesto simbolico, la legge britannica sul monopolio del sale. Borsa stesso, vedendo il suo libro pubblicato, si è domandato come il regime fascista avesse potuto lasciare uscire un volume simile, anticoloniale e ispirato dal principio della non-violenza».
La spiegazione sta forse nel fatto che Gandhi, per Mussolini, era un “capo-tribù” in rivolta contro l’Impero britannico. In effetti nel 1931 Gandhi, sulla via del ritorno in India, dopo avere partecipato alla seconda conferenza della Tavola Rotonda a Londra, era rimasto alcuni giorni a Roma ospite del governo italiano ed era anche stato ricevuto dal Duce.
«Quando l’editore Bompiani, quarant’anni dopo la prima uscita, ha avuto l’idea di ripubblicare il libro su Gandhi – prosegue Fornara – Giorgio Borsa era ormai uno studioso affermato, docente di Storia politica e diplomatica dell’Asia orientale e direttore del Centro studi per i popoli extraeuropei dell’università di Pavia. Il testo è stato ampliato in alcune sue parti, arrivando nella narrazione fino alla morte di Gandhi. Il libro è ancora indiscutibilmente importantissimo per la nostra conoscenza del Mahatma e rimane un caposaldo per gli studi dell’Asia». —
Gaia Curci
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