Beverate, chiesa chiusa per almeno sei mesi. Concreto il rischio crollo

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Incontro ieri sera con l’ingegner Riva: “La struttura è vulnerabile dal punto di vista statico e sismico”

Servono lavori di consolidamento di arcate, travi e pilastri con il carbonio e del terreno con il posizionamento di micropali. Ma per ora mancano i soldi

BRIVIO – ll rischio crollo esiste davvero. E per questo la chiesa parrocchiale di Beverate resterà chiusa per almeno altri sei mesi. Ma i tempi potrebbero notevolmente aumentare visto che non ci sono attualmente i soldi per finanziare i lavori di consolidamento strutturale necessari per mettere in sicurezza l’edificio. Sono questi i dati più significati emersi ieri sera, venerdì, durante l’incontro convocato dal parroco don Emilio Colombo dopo l’improvvisa chiusura dell’edificio sacro. Da anni afflitta da problemi di stabilità strutturale, tanto che nel 2012 era stata posizionata al soffitto una rete anticaduta, la chiesa ha fatto registrare dati preoccupanti dopo l’ultima (e per nulla corposa) nevicata.

Chiesa rischio crollo
Don Emilio Colombo, Giuseppe Riva e Stefano Arrigoni

La struttura ha perso elasticità

“La struttura ha perso la sua elasticità ed è ormai entrata in una fase plastica” ha chiarito l’ingegner Giuseppe Riva a cui la parrocchia ha commissionato lo studio. L’ingegner Stefano Arrigoni, suo collaboratore, ha poi analizzato punto per punto le criticità dell’edificio realizzato tra il 1951 e il 1953 su progetto dell’ingegnere Bianchi di Como. Sono così emerse, pur nella difficoltà di reperire tutte le carte, variazioni rispetto al progetto preliminare e altri cambiamenti realizzativi che possono aver compromesso la tenuta. “A differenza di quasi tutte le chiese,costruite in pietra, questa è in calcestruzzo. Ma non abbiamo informazioni sul tipo di calcestruzzo utilizzato. Tenete presente che una volta lo si faceva a mano con la betoniera quindi è pressoché impossibile stabilire quanta acqua è quanto cemento siano stati utilizzati”.

Chiesa rischio crollo
Una immagine dei danni alla chiesa parrocchiale

Lesioni e crepe nel corso degli anni

Nel corso degli anni si sono verificati numerosi danni: “In quasi tutti i telai si sono aperte delle fessure, lesioni che non interessano solo l’intonaco, ma anche la struttura stessa. In alcuni casi si vedono persino i ferri a vista. Si sono verificati anche danni alla copertura, il cosiddetto sfondellamento”. I danni riguardano soprattutto la direzione sud est, zona dove anche il terreno su cui è stata costruita la chiesa ha fatto registrare i maggiori problemi. “Abbiamo chiesto la collaborazione di un ingegner geotecnico. E’ emerso che il terreno presenta una limosità consistente, fattore non positivo per costruire. Non solo, ma si è anche verificato un drastico abbassamento del livello della falda acquifera. Non a caso si sono verificate anche lesioni al pavimento della chiesa”. L’edificio quindi presenta una certa vulnerabilità statica e sismica, che rende necessario intervenire al più presto.

I monitoraggi con i sensori

La conferma del carattere di urgenza è arrivata dai monitoraggi effettuati da inizio gennaio con degli apparecchi elettronici che sono andati a sostituire i dispositivi analogici posizionati nel 2012. “Abbiamo posizionato dei potenziometri e degli inclinometri sulle arcate e in copertura. Questi strumenti hanno evidenziato una deformazione progressiva che si è per giunta accelerata dopo il 1° febbraio”. Dopo quella data, c’è stato proprio un cambiamento di rotta, tanto che, ha concluso Arrigoni, “potrebbe bastare poco per raggiungere una situazione di non ritorno”. Chiaro che con una simile diagnosi, don Emilio abbia chiuso la chiesa.

Servono lavori di consolidamento per 350mila euro

Il problema è ora quando potrà essere riaperta. Il vero vulnus riguarda i soldi. I lavori sono stimati in 350mila euro. Consistono nel consolidamento da una parte di arcate, travi e pilastri con materiali in carbonio e dall’altro delle fondazioni con micropali per il bloccaggio fissati al terreno con apposite resine. Prevista anche la messa in sicurezza del solaio di copertura con la rimozione dell’intonaco e del laterizio ammalorato attraverso la creazione di un controsoffitto strutturale molto più leggero del materiale che verrebbe rimosso. Un intervento corposo, differibile anche in due step, che però cozza con il fatto che nelle casse parrocchiali non ci siano i soldi. “Abbiamo chiesto in curia ma i tempi si allungano. Bisognerebbe passare tramite la Cei per chiedere di aver i fondi previsti dall’8 per mille e destinati alle chiese terremotate. Solo che i tempi prevedono la consegna del progetto a ottobre e la risposta a maggio 2020″.

Per ora resta chiusa

Che fare quindi nel frattempo? Per ora la chiesa resta chiusa. Sei sono i mesi necessari a terminare il monitoraggio, il cui esito sembra però già scritto. La struttura ha perso elasticità, impossibile che da qui si torni indietro. Don Emilio ha aggiunto: “Dobbiamo convivere con questa situazione, trovando soluzioni efficaci. Le messe feriali e quella del sabato vengono celebrate nella piccola chiesa di Santa Margherita, mentre quelle festive, più partecipate, hanno trovato spazio nel salone dell’oratorio”. Una soluzione dettata dall’emergenza che però potrebbe a lungo andare creare qualche criticità a bar e oratorio stesso. Già una parrocchiana presente in sala ha chiesto di poter spostare la messa delle 17 di domenica alle 19 per permettere ai fruitori del circolo di giocare tranquillamente a carte. Un problema se si vuole minore, ma con cui si dovrà fare i conti se i tempi si allungheranno. Anche perché, ha giustamente sottolineato il vicario don Emanuele Spada, di fronte a dati oggettivi che parlano di rischio crollo, “bisogna assolutamente agire al più presto”. Da qui due strade: provare a chiedere in Curia un mutuo oppure  trovare famiglie disposte a prestare, a tasso zero, dei soldi per poter far iniziare quanto prima le opere.