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Il vescovo Claudio: «I migranti la nuova pietra d’inciampo»

L’appello di monsignor Cipolla a restare umani di fronte alla tragedia dei profughi «Bisogna evitare di scatenare guerre tra poveri e usare un linguaggio che divide»

Silvia Quaranta
2 minuti di lettura

Rimanere umani significa saper piangere per chi soffre, e anche sapersi inginocchiare di fronte a chi, come fece Gesù, oggi attraversa la propria personale via Crucis, per terra o per mare.

L’APPELLO

Dalla chiesa di San Carlo, all’Arcella, il vescovo Claudio Cipolla conclude la marcia della Pace parlando di migranti, con un appello ai cuori: «non perdete la vostra umanità». «Come ci ha suggerito il Papa» scandisce il vescovo di fronte alla chiesa gremita «dobbiamo lavorare per costruire e sostenere una buona politica a servizio della pace. E permettete: sul tema dei migranti, che oggi sembrano essere la nuova pietra d’inciampo per tanti, lo stesso papa Francesco ci sta guidando con sapienza, tenendo la barra dritta proprio sul vangelo. Noi sentiamo che quella parola del santo Padre ci fa bene, ci mantiene inquieti e vigilanti. Ci impedisce di appiattirci su visioni riduttive. Ci stimola a pensare, parlare ed agire come uomini e donne che sanno piangere ed inginocchiarsi, come fece il popolo d’Israele».

LA NUOVA VIA CRUCIS

«Non solo alla parola del vangelo» ha continuato il vescovo, «ma anche di fronte ai Cristi che oggi ancora vivono le vie crucis in questo mondo, nelle terre e nei mari, e che in modo chiaro ci parlano di Dio rivelandoci il suo vero volto. Quando passo con il mio pastorale, che nel suo ricciolo finale ricorda la vittoria dell’agnello sul serpente antico, della mitezza sul male, la pace vince». Monsignor Cipolla cita la lettera ai Corinzi, dove la Chiesa viene paragonata ad un corpo umano: «se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme».

LA TENTAZIONE

Allo stesso modo, dice il vescovo, bisogna «lavorare sulla nostra percezione, sul nostro linguaggio, su quelle tentazioni che ci suggeriscono di separare, di dividere, di mettere una categoria di membra che soffrono contro un’altra categoria di membra che soffrono. Bisogna evitare di scatenare guerre fra i poveri, che poi non sono altro che occasioni per scatenare ancora una volta scontri dove vincono, come sempre, i potenti. Dobbiamo lavorare per costruire una cultura di pace e di solidarietà» sottolinea Cipolla «dobbiamo lavorare perché guide del nostro pensare ed agire siano la tenerezza dei nostri cuori, e la ragionevolezza».

INTEGRAZIONE

A questo proposito l’Arcella, scelta per ospitare la marcia di quest’anno, è una «parte bella e significativa della nostra città. Un laboratorio» dice ancora il vescovo. «L’Arcella» continua «manifesta lo sforzo continuo di rigenerarsi, di essere luogo d’incontro tra persone, di promozione umana, culturale, economica. Nello sforzo di essere sempre più un luogo bello, dove sono fiorite mille iniziative di carità, di solidarietà, di cultura. Proprio come risposta alla sfida che abbiamo davanti, di convivenza, di integrazione, alla povertà. Con il nostro camminare» conclude il vescovo «abbiamo voluto dirci e dire che questo quartiere è da amare. E qui, noi, vogliamo anche annunciare che è un luogo amato da Dio».

Silvia Quaranta

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