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Padova: cittadinanze false, indagato anche il parroco di Vescovana

Don Emanuele Gasparini nei guai per un certificato. Ma lui si difende: «Una leggerezza in buona fede»

Nicola Cesaro
2 minuti di lettura
Don Emanuele Gasparini, parroco di Vescovana 



PADOVA.Con 7 mila euro si poteva ottenere la cittadinanza italiana e un ingresso da residenti nell’Unione Europea. Un giro d’affari da oltre 5 milioni di euro che però è andato all’aria grazie agli investigatori della Squadra Mobile di Verbania. L’inchiesta della Procura piemontese è arrivata anche in provincia di Padova, e precisamente nella canonica di don Emanuele Gasparini, parroco di Vescovana, Santa Maria d’Adige e Barbona. Il religioso è stato denunciato per la falsificazione di un attestato di battesimo e da ieri è sottoposto all’obbligo di firma in Questura a Padova. Ma don Emanuele dice di essere in buonafede.

L’inchiesta


Le indagini dei poliziotti della Squadra Mobile hanno smascherato un sodalizio criminale che induceva in errore i pubblici ufficiali delle Anagrafi, facendo apparire i brasiliani come residenti nei Comuni delle province di Verbania e Novara, per ottenere l’iscrizione nei relativi registri, necessaria a perfezionare la pratica di cittadinanza. Il giro di falsi ideologici ha portato a cinque arresti nella mattinata di ieri, tra Piemonte e Lombardia. Si tratta di titolari di vere e proprie agenzie che, a fronte di un compenso medio di 7 mila euro, fornivano percorsi facilitati per garantire la cittadinanza italiana a brasiliani, fornendo finte residenze o certificando inesistenti legami di sangue con avi italiani. Sono almeno 800 i passaporti che verranno annullati per questo motivo.

Un prete coinvolto

Ieri mattina la polizia ha fatto tappa in canonica a Vescovana per notificare a don Emanuele Gasparini l’obbligo di firma in Questura. Il parroco è stato denunciato per aver rilasciato, a uno dei cinque arrestati, un certificato di battesimo falso grazie a cui una brasiliana avrebbe ottenuto la cittadinanza italiana. Il prete, in cambio, avrebbe ottenuto di un’esigua somma di denaro. Per questo è indagato per corruzione.

La difesa

«Ma vi pare che vada a compromettermi per pochi euro?», si difende don Emanuele. «Ho semplicemente compiuto due errori materiali nella realizzazione dell’atto. È una colpa, certo, ma non c’era la volontà di favorire un mercato di cittadinanze». E spiega nello specifico: «A inizio 2018 mi ha contattato una certa Paula Conti, cittadina brasiliana che assicurava di aver un lontano avo a Vescovana, Vittorio Guerrino Callegaro, nato nel 1868. Attraverso un’agenzia, a cui si era rivolta la Conti, mi è stato chiesto di produrre un atto di battesimo. Mi è quindi stata inviata una mail con indicato il nome dell’avo e la data di nascita. Nei registri parrocchiali quella persona esisteva e il periodo combaciava, pur con qualche differenza: nel registro il Callegaro aveva due cognomi, forse perché madre e padre avevano il medesimo cognome e occorreva differenziare la famiglia. Nel mio certificato ho riportato solo un cognome, quello che mi aveva indicato l’agenzia».

Per venti euro

Don Emanuele ha inoltre sbagliato a trascrivere la data di nascita: «Anche qui mi sono fidato dei dati dell’agenzia, ritenendo plausibile che in quegli anni si potessero compiere errori, e purtroppo sono stato leggero nella valutazione». E i soldi in cambio? «Per telefono ho fatto presente che solitamente si fa un’offerta. Io non ho visto soldi, ma so che poi in Diocesi, ente che ha vidimato il mio attestato, sono stati lasciati 20 euro». Chiude don Emanuele, che ieri ha fatto tappa in Curia per testimoniare, registri in mano, la sua buonafede: «Quella persona è esistita. Se ho sbagliato, è giusto che paghi, ma solo per l’errore tecnico, non certo per contestazioni che sfociano nel penale». Nel 2013 don Emanuele era già stato accusato di aver distratto 140 mila euro di fondi dalla parrocchia che amministrava a Cassola, in provincia di Vicenza ma nella Diocesi di Padova. —
 

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