28 aprile 2019 - 07:50

Da Marcos a Gianfranco Miglio: Pietro Bussolati, riformista eclettico

Dagli inizi coi centri sociali e i viaggi sulle corriere zapatiste, in compagnia dell’amico di sempre Mario Vanni, fino al renzismo più spinto, per poi ripiegare e partire verso nuove rotte: ora c’è il tema del Nord abbandonato dalla Lega sovranista

di Andrea Senesi

Pietro Bussolati  Pietro Bussolati
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Dal subcomandante Marcos a Gianfranco Miglio. In nome del riformismo si fa presto a passare dalle marce zapatiste in Chiapas ai convegni in omaggio all’ideologo della secessione da Roma ladrona. Pietro Bussolati è così: scalpita. Sempre un passo avanti a tutti. Ti aspetti di trovarlo su una posizione e invece lui ti ha già fregato, eccolo su nuovi sentieri, nuove strade. Sempre in nome del riformismo, ci mancherebbe. Guai a stare fermi.

Dagli inizi coi centri sociali e i viaggi sulle corriere zapatiste, in compagnia dell’amico di sempre Mario Vanni (ora capo di gabinetto del sindaco Beppe Sala), fino al renzismo più spinto, per poi ripiegare e partire verso nuove rotte. Ora per esempio c’è il tema dell’autonomia e del Nord abbandonato dalla Lega sovranista. E allora ecco il convegno — lo organizzerà a maggio — su Miglio e Carlo Cattaneo. D’altra parte Bussolati è uno che è diventato segretario milanese del Pd a trent’anni, riuscendo in pochi mesi a spazzar via ogni residuato simbolico del vecchio partitone rosso. Per dire: mentre i suoi antichi compagni dei centri sociali protestano contro Expo, il giovane segretario del Pd ha la bella pensata di rilanciare il tesseramento del partito regalando come kit di benvenuto ai nuovi iscritti i biglietti d’ingresso dell’evento. «Due pacchi al prezzo di uno», ironizzò Beppe Grillo dal suo blog. E poi il 25 Aprile, altra tradizione «da rivisitare» dopo 70 anni. Via le bandiere rosse, ecco le magliette blu per trasformare la Liberazione dal fascismo nella festa dei «patrioti europei». Per i vecchi militanti un piccolo colpo.

Per non parlare delle gloriose feste dell’Unità. Il giovane Pietro sogna in grande, vorrebbe portare le salamelle sotto il grattacielo di Unicredit in piazza Gae Aulenti, il simbolo più cool della nuova Milano. Si accontenterà invece di organizzare un paio d’edizioni in altrettanti scali dismessi, ma l’idea intanto è stata lanciata e lui potrà lavorare (anche) al bar della festa spillando birre fino a tarda notte. Nelle serate ad alto tasso alcolico ai compagni lo dice tranquillamente: «Il vecchio Pci ha sbagliato tutto, era meglio Craxi di Berlinguer». Nonostante gli ondeggiamenti, a «Pietro» tutti riconoscono doti politiche importanti. In un periodo di scissioni ha per esempio gestito il partito con piglio unitario e ha organizzato un turno di primarie assai partecipato e vivace.

Soprattutto, il «suo» Pd ha vinto, evento per nulla scontato: prima ai gazebo, appoggiando Beppe Sala, e poi nelle urne «vere». Al secondo turno e per un pugno di voti, ma la città non è passata alle destre grazie alla macchina organizzativa messa in moto proprio dal Pd. Renzi è poi caduto in disgrazia e il segretario milanese s’è sentito isolato. Lo sbandamento ha comunque prodotto una nuova evoluzione e Bussolati si è (ri)buttato a sinistra appoggiando Zingaretti, il vincitore annunciato. Prima è però riuscito a farsi eleggere al Pirellone, dove si occupa di trasporti e pendolari e certo anche di federalismo e autonomia regionale. Ora riparte da Gianfranco Miglio, la nuova frontiera del riformismo.

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