23 febbraio 2019 - 10:01

L’alta moda di don Paolo Steffano nelle vetrine di Monte Napoleone

Don Paolo Steffano, parroco di Sant’Arialdo a Baranzate, la cittadina con la più alta densità d’immigrati d’Italia, ha ideato la «sartoria multietnica» Fiori all’Occhiello, un’impresa di successo che fornisce anche le vetrine del Quadrilatero

di Maurizio Bonassina

Il laboratorio. Don Paolo Steffano, 54 anni, ha fondato la sartoria multietnica Fiori all’Occhiello (LaPresse) Il laboratorio. Don Paolo Steffano, 54 anni, ha fondato la sartoria multietnica Fiori all’Occhiello (LaPresse)
shadow

Se non fosse un prete si potrebbe dire che ne sa una più del diavolo. Don Paolo Steffano, anni 54, fisico d’atleta, occhi simpatici e battuta pronta, è invece proprio un uomo di Dio: parroco di Sant’Arialdo a Baranzate. La cittadina dell’hinterland milanese è tra i comuni italiani con la più alta densità d’immigrati: «In particolare il mio quartiere, il Gorizia — afferma don Paolo — è abitato quasi esclusivamente da extracomunitari. Sono qui da 15 anni e per fare rinascere la zona ho usato la fantasia». Da Baranzate a via Monte Napoleone il passo è breve se metti forbici, ago e filo in mano a volenterose immigrate. Nasce da questa sua idea la sartoria «Fiori all’Occhiello» che ormai è un marchio conosciuto: «Qui tra macchine da cucire e cartamodelli — prosegue il sacerdote — si confezionano abiti di alta moda che finiscono nelle vetrine del centro di Milano. Le sarte sono delle etnie più diverse: Marocco, Egitto, Bolivia Cina. Tutte donne, tranne un ragazzo senegalese. Ognuno ha il suo stipendio. Uniche italiane, la modellista e la responsabile commerciale. Nella settimana della moda abbiamo anche sfilato, come i grandi nomi. Il mio ruolo è molto defilato, l’arma vincente è la dinamica tra parrocchia e quartiere che ha trovato forma con l’associazione La Rotonda».

Il motto dell’associazione è «dall’assistenza all’autonomia». Per don Paolo è una parla d’ordine: «Significa che qui si impara a vivere, non si cerca l’elemosina. Il nostro gruppo interagisce con gli abitanti e l’integrazione non vale solo per gli extracomunitari, ma riguarda tutti, anche gli italiani ai margini della vita. Abbiamo creato, in città, due porte: la prima è la “Porta di Baranzate” proprio sopra la sartoria e poi c’è la “Porta della Salute” dove c’è uno studio medico, con pediatra, ginecologo e infermiera a disposizione dei bambini e delle donne senza assistenza sanitaria. C’è anche l’housing sociale — ricorda il parroco — una sorta di pronto soccorso per gli sfrattati con progetti di più lunga durata, per trovare la casa definitiva pagando il giusto canone. Poi abbiamo corsi di italiano per stranieri e anche l’assistenza agli anziani. Per loro è stata creata la serata Vip, acronimo di Very Important Pensionat, un incontro nel quale, a turno, si raccontano le proprie storie di vita e il gruppo ascolta: una sorta di format casalingo che ha molto successo. Io qui mi diverto — prosegue don Paolo —, anche se i problemi sono tanti. Ma aprire le porte, e ne apriremo molte altre, mi dà un senso d’infinito che mi avvicina al vero spirito della mia vocazione. Inutile buttare giù muri già esistenti, meglio creare un varco e far entrare i buoni e i giusti, come direbbe il Vangelo».

Nel 2017 il prete di Baranzate ha ricevuto una telefonata dal Quirinale: «Pensavo a uno scherzo — racconta —, invece dall’altra parte del telefono erano molto seri e anche un po’ sorpresi dalla mia risposta: “Venga a Roma, il Presidente Mattarella deve consegnarle l’onorificenza dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana”, era il messaggio. Quella medaglia l’ho ritirata con piacere e un filo di commozione. E l’ho dedicata all’Associazione. È il gruppo, solo quello, che fa la forza. Come in una squadra di calcio».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT