16 maggio 2019 - 08:49

Gratosoglio sulla strada del riscatto, cooperative sociali contro il degrado

Riscatto per il quartiere: riqualificato un complesso immobiliare abbandonato. Nel centro polifunzionale lavoreranno 250 persone tra solidarietà e servizi

di Elisabetta Andreis

(Furlan/LaPresse) (Furlan/LaPresse)
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È uno dei più grandi progetti di riqualificazione degli ultimi vent’anni al Gratosoglio ed è dedicato alle persone fragili - ragazzini ai margini e poi giovani senza lavoro, disabili, famiglie in difficoltà. Il complesso di via Feraboli 15, dopo molti anni di degrado e cinque di cantiere, rinasce oggi con la rete di imprese sociali L’Impronta.
Ex scuola materna, poi centro della parrocchia San Barnaba, nel tempo l’immobile è rimasto vuoto con un continuo via vai di spacciatori e senza dimora e conseguenti proteste degli abitanti del quartiere che oggi, invece, festeggiano. L’inaugurazione è fissata per mercoledì prossimo, ci sarà anche il sindaco Beppe Sala.


A ripercorrere la storia dall’inizio è Andrea Miotti, co-fondatore con l’amico disabile Davide, mancato anni fa: «Ci commuove essere qui, proprio dove siamo partiti nei primi anni ‘90 - racconta Andrea -. Eravamo una trentina di ragazzi, molti di noi avevano disabilità ma facevamo tutti volontariato per la parrocchia che aveva due oratori. Uno vivacissimo mentre l’altro, quello che faremo rivivere, è stato progressivamente abbandonato: nessuno aveva fondi per riqualificarlo».
Oggi lui ha quattro figli e gestisce un giro economico da cinque milioni di euro. Tre cooperative, un’associazione con due comunità per minori (Scricciolo e Rondine), un ristorante, una panetteria, una stamperia, due bar: tutti in zona Gratosoglio. Eppure minimizza: «Siamo tutti soci, lavoriamo e partecipiamo insieme ai risultati», sottolinea.


Nel 2013 la parrocchia mise sul mercato quell’oratorio e si accese la scintilla. L’idea. Con enormi sacrifici, stipulando un mutuo, quei trenta ragazzi riuscirono a rilevare il complesso immobiliare con il sogno di integrare in un unico luogo i rami di attività. «Nel 2014 partì il cantiere che poi proseguì a singhiozzo tra mille difficoltà». Al nuovo centro polifunzionale Ri.abi.la adesso turneranno più di cento operatori e cinquanta volontari, per quattrocento persone assistite. Avrà una comunità educativa per minori, alloggi di housing sociale, un centro diurno e un poliambulatorio per bambini e ragazzi con disabilità. E ancora botteghe per l’inserimento lavorativo di persone fragili, un centro di formazione, un micro nido. Intorno al progetto, al via ufficiale settimana prossima, si stanno già aggregando tante altre realtà del quartiere - parrocchie, associazioni - e decine di nuovi volontari. «Due famiglie, una ecuadoriana e l’altra italiana, hanno chiesto di venire ad abitare qui, anche se non hanno disagi di alcun tipo - dice ancora Andrea -. Saranno il simbolo di una integrazione a tutto tondo, possibile e replicabile anche in altri quartieri».


Tra i progetti di inserimento lavorativo («Avremo quaranta persone con disabilità assunte nel giro di pochi mesi»), in particolare uno è interessante. Il primo esperimento di questo tipo a Milano (e forse in Italia) di delivery affidato a persone con disabilità cognitive. «Una decina di persone fragili, zaino in spalla e “supervisore” che li guida da remoto tramite cellulare, consegneranno in città prodotti informatici di una ditta con sede in provincia di Milano. Prenderanno solo mezzi pubblici. Per loro, una sfida di autonomia preziosa. Per noi una scommessa, ma siamo sicuri di vincerla».

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