21 agosto 2018 - 07:17

Moschee, stop di Salvini: «Non sono la priorità». Scavuzzo: «Sì nelle regole»

Il ministro annuncia una Consulta sui luoghi di culto. La replica del vicesindaco: il Patto per l’Islam esiste già

di Giampiero Rossi

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«Non è una priorità». Sul tema delle moschee milanesi, il ministro dell’Interno Matteo Salvini interviene secondo il suo stile: secco, tranchant. E le sue parole, pronunciate al termine della sua visita all’Opera Cardinal Ferrari, hanno suscitato immediate reazioni altrettanto nette da Palazzo Marino. «Non penso che sia una priorità» dice Salvini a proposito del piano del Comune sulle sei moschee. Ma per quanto riguarda il ruolo del Viminale su questa partita, il ministro nonché leader leghista spiega: «Noi stiamo lavorando e lavorerò personalmente per rimettere in piedi un organismo, chiamatela consulta, chiamatela tavolo, come volete, che si occupi di immigrazione e di nuovi luoghi di culto che devono rispettare alcune norme, come previsto da Regione Lombardia. Voglio sapere chi paga — aggiunge —, chi prega, in che lingua, chi entra, chi esce, se rispetta tutta la normativa nazionale. Poi ognuno per me può credere nel Dio che vuole, però penso che da milanese, avendo girato per Milano in questi giorni di agosto, non sento avere sei moschee come la priorità, onestamente».

In sostanza, quindi, Salvini ripropone la ricetta formalizzata da Palazzo Lombardia, che di fatto pone una serie di paletti urbanistici alla creazione di nuovi luoghi di culto. Al punto che — secondo i critici — si tratterebbe di una sorta di sbarramento invalicabile che rende impossibile la costruzione di moschee. «Per quanto riguarda il piano delle strutture religiose e il Pgt del Comune di Milano — aveva detto a fine luglio l’assessore regionale al Territorio, Pietro Foroni — la Regione potrà fare le sue valutazioni solo dopo che il Comune avrà finalmente adottato la strumentazione urbanistica. A quel punto verificheremo se sono conformi alla normativa regionale».Il Comune ha presentato a inizio giugno un progetto per regolarizzare quattro delle moschee «informali» che si trovano in città, e per aprirne altre tre. E su questo la Regione ha già detto no: «È di fatto attestata la non conformità urbanistica e l’impossibilità di una relativa regolarizzazione in base alla normativa vigente», ha detto lo stesso assessore Foroni.

Da Palazzo Marino arriva la risposta del vicesindaco Anna Scavuzzo alle parole di Salvini: «Non posso non ricordare al ministro che un Patto nazionale per un Islam italiano, espressione di una comunità aperta, integrata e aderente ai principi dell’ordinamento statale esiste da diverso tempo, proposto e coordinato proprio dal ministero degli Interni. Anche a Milano — prosegue la vicesindaco — abbiamo proseguito l’impegno richiesto dal suo dicastero con il Patto nazionale al fine di dargli concretezza territoriale, nella nostra città e in tutta la Lombardia, forte del lavoro delle prefetture, degli enti locali, delle associazioni e della Regione».Il progetto del Comune si chiama Piano per le Attrezzature Religiose (Par) ed è stato elaborato dopo che nel 2015 la Regione aveva approvato una legge sui luoghi di culto che, a conti fatti, risultava ostacolare i negoziati fra la comunità islamica milanese e la giunta comunale guidata allora dal sindaco Giuliano Pisapia, e impedire che venisse costruita una imponente moschea nell’area dell’ex Palasharp. Ma circa una settimana fa, a proposito del centro islamico di viale Jenner, è divampata l’ennesima polemica tra Comune e Regione: «È irregolare e va chiuso», ha detto senza mezzi termini l’assessore Foroni. Ma il sindaco Giuseppe Sala ha replicato: «Chiudiamo le moschee illegali se prima apriamo quelle legali. Un’alternativa bisogna trovarla».

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