29 agosto 2018 - 07:45

«Matteo ha difeso l’Europa»: l’alleanza di Orbán con Salvini

L’incontro a Milano. Il premier ungherese: lui è «il mio eroe». Ma le porte del suo Paese restano chiuse

di Marco Cremonesi

Il vertice tra Matteo Salvini e Viktor Orbán a Milano (LaPresse) Il vertice tra Matteo Salvini e Viktor Orbán a Milano (LaPresse)
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Se per Matteo Salvini Viktor Orbán è «un eroe», per il premier ungherese il vicepremier italiano è un «compagno di destino». Di più: «Da noi Matteo gode di un rispetto assolutamente rilevante, se partecipasse alle elezioni ungheresi vincerebbe. Fortunatamente, per ora non partecipa...». Le affettuosità tra i due leader arrivano nella prefettura di Milano dopo un’oretta di faccia a faccia. Il primo, salvo un precedente incontro occasionale a Bruxelles. Tanto che all’inizio Salvini dà del lei all’interlocutore che gli dà del tu. Il risultato dell’appuntamento è tutto politico, in vista della «costruzione della nuova Europa». Perché di fatto l’Ungheria non si è impegnata a prendere neppure uno dei migranti che le toccherebbero sulla base delle regole europee. Né pare intenzionata a uscire dal Ppe per aderire all’eurogruppo dei partiti euroscettici (Enf), culla della «Lega delle leghe» di cui aveva parlato Salvini: «Noi ungheresi — ha detto Orbán — siamo leali. E infatti, prima di incontrare Matteo, ho chiesto a Silvio Berlusconi». In ogni caso, «di alleanze si parlerà dopo le Europee, ora il compito mio e di Matteo è quello di raccogliere gli elettori per fare la svolta in Europa».

Nessun sostegno nemmeno per modificare il trattato di Dublino. Ma, spiega Salvini, «la revisione non è più la priorità». Anzi, Salvini potrebbe persino accettare di riprendere gli immigrati «secondari», quelli sbarcati in Italia ma oggi in altri paesi: «La trattativa prosegue, ma per noi sarà a saldo zero. Accoglieremo in cambio di uno stesso numero di migranti redistribuiti». Ma, appunto, in Ungheria non ne arriveranno.

Però, Orbán spiega perché lui e Salvini siano «compagni di destino». Lui, con l’Ungheria ha dato prova «che l’immigrazione in terraferma può essere fermata, tutti dicevano che era impossibile sia sul piano giuridico che sul piano fisico». Mentre Salvini «è stato il primo a dimostrare che l’immigrazione può essere fermata anche in mare». Insomma, «siamo profondamente grati a Matteo che ha difeso i confini di tutti». Di più: «Dal suo successo dipende la sicurezza dell’europa, e questo coraggio desta in noi rispetto. Gli auguriamo di non indietreggiare, di continuare a difenderci». L’interessato apprezza e si lancia: «Se non cambieranno le regole di alcuni missioni navali internazionali, noi di queste missioni potremmo fare anche a meno». Un riferimento a Sophia.

I vicini a Salvini raccontano di un incontro in cui si è discusso molto più di economia che di immigrazione. In particolare, Orbán avrebbe detto all’interlocutore di essere riuscito a fare le riforme a cui puntava «perché da noi non ci sono i sindacati». Se qualcuno nutriva dubbi sulla veste in cui Salvini ha incontrato Orbán — capo di partito o vicepremier — lo ha sciolto lo stesso leader leghista: «Da ministro, da milanista, da segretario della Lega». E così, la capogruppo azzurra in Senato, Anna Maria Bernini, parla di «giornata confusa e scoordinata per la politica estera dell’Italia», anche per l’incontro del premier Conte con il céco Babis e le missioni in Egitto di Luigi Di Maio e in Cina di Giuseppe Tria. Mentre il ministro dell’interno annunciava visite imminenti «in nord Africa, Israele e Russia».

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