31 luglio 2018 - 07:38

Milano, Maria Grazia Trotti: «Accusai il clan, ora dico alle vittime come ricominciare»

Le due vite professionali di Maria Grazia Trotti: la prima, da titolare di una gioielleria a Vigevano, la seconda, da infermiera

di Luca Rinaldi

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Maria Grazia Trotti
Maria Grazia Trotti

Maria Grazia Trotti, oggi, è in pensione. La laurea in Scienze infermieristiche, ottenuta a quasi 50 anni, racconta di una vita professionale divisa in due. Suo malgrado. La prima, da titolare di una gioielleria a Vigevano, si è interrotta quando nei primi anni ’90 ha deciso, tra le prime del Nord Italia, di denunciare il clan Valle per reati di usura, vale a dire una delle famiglie di ‘ndrangheta al centro di numerose indagini dell’antimafia milanese. La seconda, da infermiera, è il lieto fine delle difficoltà iniziate in quei momenti. Scriveranno gli inquirenti a distanza di tempo: «Soltanto 12 anni dopo il loro insediamento in Vigevano, grazie al coraggio e alla presa di coscienza della titolare di una gioielleria, Mariagrazia Trotti, si è squarciata la cortina di paura e omertà e hanno raggiunto dignità di fonti di prova e riscontro obiettivi, quelle che per anni erano state soltanto voci, indizi e sospetti. Sull’esempio dell’orefice — si legge —, altri commercianti, artigiani ed imprenditori hanno denunciato le vessazioni subite per anni dai Valle». Nel 1991 un furgone aveva sfondato la sua vetrina. Al volante del mezzo c’era un parente del clan. Nel gennaio del 1992, sapendola bisognosa di denaro per la riparazione dei danni, i criminali si presentano al negozio offrendosi di sostenere le spese. Un prestito di 20 milioni delle vecchie lire su cui Trotti in meno di un anno pagherà interessi al 400 per cento. Usura che si è poi trasformata in estorsione: «Alla lunga ti convinci che i tuoi usurai vogliano davvero aiutarti — racconta Mariagrazia —. È un meccanismo che ti stritola. E quando ho comunicato loro che non sarei più riuscita a pagare sono iniziate le minacce a mio figlio e a mio marito. Così mi sono decisa a denunciare, anche se allora non c’era il sostegno alle vittime che c’è oggi». Dopo due anni ci sono stati arresti e condanne, ma è solo nel 2014 che la Cassazione riconosce il clan Valle come una cosca ‘ndranghetista. Tramite la sua associazione «Vigevano Libera dalle mafie, dall’usura e dall’estorsione», con alcuni professionisti e uno psicologo, Trotti sostiene il percorso di reinserimento delle vittime come lei. «Ho dovuto ricominciare: mi sono laureata a 48 anni e ho intrapreso una nuova carriera. Adesso, arrivata a 66 anni non rinnego nulla».

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