12 maggio 2018 - 07:38

Milano, l’«effetto Minniti» non si ferma. Richiedenti asilo in calo dell’80%

Ma le presenze in città si stabilizzano. Majorino: più solidarietà tra Comuni Patto con il Viminale «Abbiamo chiesto al governo il via libera per potenziare la prima accoglienza Sprar»

di Pierpaolo Lio e Andrea Senesi

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Effetto Minniti a Milano: per la prima volta dal 2013 i richiedenti asilo sono in sensibile calo. Una tendenza che va consolidandosi, iniziata ormai un’estate fa. A marzo-aprile del 2017 i profughi accolti erano stati 1.314. Nello stesso periodo del 2018 sono stati 239 (meno 82 per cento). Crollano gli arrivi, ma si stabilizzano le presenze. Tra Comune e Prefettura, sommando le varie tipologie, ci sono circa 5.800 stranieri accolti. Non tanti meno rispetto allo scorso anno, quando erano più di 6 mila. Numeri che dimostrano gli scarsi effetti pratici finora del piano di ridistribuzione nell’hinterland. L’assessore alle Politiche sociali del Comune Pierfrancesco Majorino conferma: «È il momento giusto per svoltare sul piano della distribuzione dei migranti. Il drastico calo degli arrivi ha portato a una stabilizzazione della situazione. È una novità importante, certamente frutto degli accordi del governo e dell’azione del ministro Minniti. D’altra parte era dal 2013 che non si assisteva a un calo negli arrivi e possiamo parlare di tendenza consolidata». A cui si aggiunge la valvola di sfogo del programma europeo di «relocation», ovvero il trasferimento concordato in altri Paesi dell’Ue di richiedenti asilo sbarcati in Italia. Dopo un inizio a rilento, in particolare a Milano la macchina s’è messa in moto. E così, se dal novembre 2015, data d’avvio del programma, a fine 2016 sono state 50 le persone ricollocate, il 2017 ha visto i numeri salire fino a quota 425. L’identikit di chi ha potuto sfruttare quest’opzione: uomo (nell’83,5 per cento dei casi), adulto (89,9 per cento), solo (82,7). Destinazione finale preferita la Germania (scelta dal 63,3 per cento), seguita a grande distanza da Svezia (15,1), Svizzera (8,6) e Belgio (3,6 per cento). Nonostante la chiusura del progetto europeo, il Comune punta a continuare a incentivare le uscite con l’allestimento entro l’estate di un ufficio in via Scaldasole per assistere quei migranti che sceglieranno il rimpatrio volontario assistito.

«Se Prefettura e Comuni proseguono con gli accordi di smistamento nell’area metropolitana, possiamo ridurre in modo deciso le presenze in città. Ora è il momento di lavorare con molta più efficacia sull’integrazione», segnala Majorino. In questa direzione va il potenziamento richiesto da Palazzo Marino del sistema Sprar del Viminale, l’accoglienza di secondo livello che dovrebbe favorire l’integrazione. «Abbiamo chiesto al governo il via libera per passare da 422 a mille posti». Aumento che però non si tradurrà in un’ulteriore crescita delle presenze nei centri: «I 578 posti di differenza saranno recuperati dai centri di prima accoglienza». Il governo giallo-verde che va nascendo può costituire una incognita sotto questo profilo? «L’accordo c’è già. Attendiamo alla prova dei fatti il nuovo governo che mi auguro lavori per una distribuzione dei migranti sui territori molto più equa». Intanto la Lega prosegue la polemica sulla kermesse di 35 giorni organizzata da Palazzo Marino sulle tematiche dell’accoglienza e dell’integrazione. «A Milano la giunta Sala-Majorino annuncia dal 20 maggio 35 giorni di iniziative per l’integrazione degli immigrati con il culmine del famoso pranzo al parco Sempione? Facciano pure, ma curiosi di sapere se Majorino e Sala dimostreranno la stessa attenzione riservata ai finti profughi africani, che non scappano da nessuna guerra, anche agli anziani milanesi o alle tante famiglie in difficoltà. Non ci risulta che a Palazzo Marino ci sia la sede del Ministero dell’Immigrazione».

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