6 novembre 2018 - 17:53

Postò selfie con divisa da SS, a processo il comandante dei vigili

Giorgio Piacentini è stato rinviato a giudizio con l’accusa di apologia del fascismo. Aveva anche corredato l’immagine con un commento: «Proporrò al sindaco di istituire un corpo di polizia così per risolvere i problemi»

di Federico Berni

La foto con la divisa da SS postata da Giorgio Piacentini su Facebook La foto con la divisa da SS postata da Giorgio Piacentini su Facebook
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È ancora saldamente al comando della polizia locale di Biassono in Brianza. Ma lo scandalo della foto in divisa da SS non ha evitato a Giorgio Piacentini il rinvio a giudizio con l’accusa di apologia del fascismo, decretato martedì dal gup del tribunale di Monza Patrizia Gallucci. Il polverone mediatico si era alzato ai primi di gennaio 2017, quando Piacentini aveva postato una foto in cui indossava una divisa da ufficiale delle famigerate SS. Gesto di per sé sufficiente a scatenare polemiche e imbarazzo. Ma, per non farsi mancare nulla, il numero uno della polizia locale aveva anche corredato l’immagine con un commento: «Proporrò al sindaco di istituire un corpo di polizia così per risolvere i problemi».

Ironia scadente, che il megafono dei social network aveva diffuso con la consueta velocità, scatenando in breve tempo una bufera. Il comandante aveva abbozzato una difesa personale, sostenendo di essere un appassionato di divise militari, e di appartenere per questo motivo ad un’associazione che si dedica alle rievocazioni storiche, con la conclusione che il suo gesto era stato solo «goliardico». Piacentini, deciso a dimostrare la sua innocenza, probabilmente farà valere queste ragioni anche al processo, il cui inizio è previsto il prossimo 7 febbraio.

Il caso, che aveva indotto la sezione di Biassono dell’Anpi a presentare un esposto in procura, gli era costata la retrocessione ad agente semplice. Ma dopo 12 mesi era arrivato, da parte degli uffici comunali, il reintegro al comando, che il sindaco Luciano Casiraghi (Lega) aveva giustificato sostenendo che il vigile non aveva «mai smesso di chiedere scusa», e che nei mesi seguenti al demansionamento si era sempre «comportato bene».

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