24 novembre 2018 - 08:07

La «mossa del cavallo» e il ritorno alle origini della Prima della Scala

Il 7 dicembre Attila apparirà sul palco in sella a un destriero. Nell’800 la platea veniva usata per gli spettacoli con animali

di Pierluigi Panza

La stampa di Luigi Rossetti che raffigura il torneo del 10 aprile 1864 nel Regio Teatro alla Scala La stampa di Luigi Rossetti che raffigura il torneo del 10 aprile 1864 nel Regio Teatro alla Scala
shadow

Attila a cavallo è il minimo sindacale anche in una scena in cui prevale l’ipertecnologia. S’imbizzarrirà il fulvo destriero alla vista di uno schermo led di 16 metri per 10, che pesa tonnellate e che si muove all’indietro sul palco? E quando dovrà passare sotto il ponte mobile? La pioggia (beh, la pioggia forse no)?
Animalisti, alt. La storia della Scala è una storia anche di cavalli, non portateceli via. Nell’Ottocento, alla Scala, non si rappresentavano solo opere o concerti. La Sala grande della Scala (l’attuale platea) non aveva poltrone o sedie fisse e poteva essere utilizzata per spettacoli di vario genere, come tornei a cavallo, carnevali e feste da ballo. Una bella immagine dello stampatore Luigi Rossetti immortala lo storico «Torneo dato la sera del 10 aprile 1864 nel R. Teatro alla Scala»: la sala è usata tipo quella di un circo Orfei. Una stampa pubblicata su «L’Emporio pittoresco» del 24-28 gennaio 1865 mostra l’«Interno del Gran Teatro alla Scala» trasformato in una specie di ippodromo indoor.

Comunque, il cavallo di Ildar Abdrazakov (Attila) del prossimo 7 dicembre, giornata di apertura della stagione scaligera, è una cavalla di nome Itaca; poi c’è un secondo destriero del quale non conosciamo il nome. Non è certo la prima «prima» in cui l’equino va in scena. Di sicuro c’era un cavallo nel «Götterdämmerung» diretto da Riccardo Muti nell’88 con scene del francese Yannis Kokkos. Prima, ovviamente, c’erano stati cavalli un po’ dovunque, ad esempio nella «Aida» di Franco Zeffirelli e Lila De Nobili; ma nell’ultima ripresa della vetusta messa in scena il cavallino bianco, e magro come lo ricordano i più affezionati, era sparito; non si sa se per fame (non credo), età (probabile) o per evitare gli animalisti. In età recente alcuni mansuetissimi cavalli sono andati in scena, ma proprio con una recitazione basica: giusto un passaggio sullo sfondo tenuti per le briglie. Pure comparse. Nella stagione 2015 c’erano cavalli in «Die Soldaten» nell’allestimento scenico che Alvis Hermanis aveva ideato per il Festival di Salisburgo del 2012; ma stavano dietro un vetro, non capivi nemmeno se fossero vivi. Nel «Falstaff» con regia di Robert Carsen del 2012 compare un cavallo, mi pare nella scena del terzo atto dove tutti si burlano di sir John. Il cavallo stava fermo immobile al centro del palcoscenico: sopra il seduttore con tanto di palco di cervo in testa, l’emblema del cornuto.

Nella «Bohème» di Zeffirelli del 2017, ovviamente una ripresa, c’era la consueta carrozza che transitava davanti al Cafè Momus, con Musetta e tutta la compagnia. Direi fosse un cavallo da tiro, dalla criniera albina. L’estate del 2017, in effetti, segnò l’inizio del ritorno del quadrupede all’opera: c’era anche all’Arena di Verona nel «Nabucco» (ma nell’anfiteatro scaligero il cavallo è di casa) e nel «Tannhäuser» di Wagner alla Bayerische Staatsoper Monaco. Ma qui, nell’Attila, immaginiamo un selvaggio destriero cavalcato a pelle dal barbaro (che è il meno barbaro dell’opera composta da Verdi, cioè il più umano). Qui, oggi, nell’età dei «barbari sognanti» al Governo, dei «barbari digitali» al Governo (fu Baricco a usare per primo il termine nel bel saggio Barbari. Saggio sulla mutazione ) speriamo in un cavallo focoso, poderoso. Speriamo che il «De equo animante» (come lo chiamava l’umanista Leon Battista Alberti) non sia un ronzino o una comparsa riottosa per timore degli animalisti; ma un bel purosangue, un morello. Pezzato, oppure baio; non un cavallo arabo, però! E se non a briglia sciolte, che vada almeno al passo (ma non «al passo estremo» come il Commendatore del «Don Giovanni»).

© RIPRODUZIONE RISERVATA
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT