3 ottobre 2018 - 07:53

L’esperta del caso Yara indaga sugli scheletri dei santi Ambrogio, Gervaso e Protaso: «cold case» di 1600 anni fa

L’esame forense condotto da Cristina Cattaneo rivela che Ambrogio aveva un volto asimmetrico e una frattura alla clavicola: «Era un uomo gracile e operoso di circa 60 anni». Sui fratelli Gervaso e Protaso trovati i segni del martirio

di Elisabetta Andreis

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Una cripta diventata il laboratorio-Sant’Ambrogio. Microscopi sofisticatissimi nella penombra. L’anatomopatologa più famosa d’Italia, Cristina Cattaneo, si è messa al lavoro per esaminare gli scheletri dei tre santi più cari a Milano — il patrono Ambrogio e i martiri Gervaso e Protaso. Con lei, inizialmente, una squadra di donne. Sono arrivate dall’Isola di San Giulio le monache benedettine incaricate di togliere i preziosi paramenti e da Viboldone le suore di clausura impegnate a ricostruire con cura agiografie e atti antichissimi. In quattro mesi è sceso in campo un esercito di esperti che lavoreranno ancora a lungo insieme, incrociando i saperi. Obiettivo: ricostruire le fattezze di Ambrogio e dei martiri che sono stati ritrovati 150 anni fa in un sarcofago in porfido egizio.

Lo stato di conservazione è buono. E a sorpresa, la scienza conferma le immagini che la tradizione ci ha tramandato. Proprio come raffigura il mosaico di San Vittore in Ciel d’oro (nella cappella paleocristiana della basilica ambrosiana), all’epoca della morte, 1600 anni fa, «Sant’Ambrogio aveva una marcata asimmetria delle orbite, un occhio leggermente più infossato e la clavicola destra reduce da una brutta frattura avvenuta quando era ragazzo ma ancora dolorante a distanza di decenni come scriveva lui stesso per lettera alla sorella Marcellina», spiega Cattaneo, ordinario di Medicina Legale dell’Università Statale e direttrice del Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense (Labanof), nota anche all’estero per essere stata in prima linea nelle indagini su diversi gialli, dalle Bestie di Satana agli omicidi Yara Gambirasio e Lidia Macchi. «Possiamo aggiungere che era uomo piuttosto gracile e molto operoso, di circa 60 anni, alto 1,68 metri». Quanto ai santi Gervaso e Protaso, si sa che i due corpi furono ritrovati il 17 giugno 386 nell’antica zona cimiteriale, oggi compresa tra la caserma Garibaldi della Polizia di Stato e l’Università Cattolica, grazie a uno scavo commissionato proprio dal vescovo Ambrogio che aveva avuto un «presentimento» sulla presenza di queste reliquie.

Secondo la tradizione, i martiri erano gemelli, uccisi per non aver voluto abiurare alla fede cristiana: a Protaso fu tagliata la testa con un colpo di spada, mentre Gervaso morì a seguito dei numerosi colpi di flagello ricevuti. Ambrogio nelle sue lettere descrive il ritrovamento dei corpi di «due uomini di straordinaria statura», e in effetti «gli scheletri sono di due uomini giovani (tra i 23 e i 27 anni), alti 1.80, molto più della media dell’epoca, e reduci da violenze e torture — rileva Cattaneo —. Uno porta i segni di una decapitazione e lesioni alle caviglie, l’altro di una ferita da arma bianca alla mano». L’ipotesi di martirio pare confermata, anche se la studiosa resta cauta. «I santi sono senz’altro due fratelli, ad esempio hanno simili difetti congeniti alle vertebre. La somiglianza farebbe avallare l’ipotesi che fossero gemelli».

Le analisi sono commissionate dalla Basilica di Sant’Ambrogio sotto l’alto patrocinio della Diocesi: «La dimensione storica per il Cristianesimo è irrinunciabile, questa cura per reliquie di valore unico è un esercizio significativo di alleanza tra scienze e comunità cristiana», è stato il messaggio del vescovo Mario Delpini, affidato ad una lettera inviata all’abate della basilica Carlo Faccendini, che a sua volta sottolinea: «Attraverso questo studio contribuiamo a custodire un tesoro di fede e di bella umanità che Milano offre al mondo». Mentre il nuovo rettore dell’Università degli Studi di Milano Elio Franzini, succeduto a Gianluca Vago, rimarca il valore delle «intersezioni tra saperi» e della collaborazione tra i dipartimenti che sono coinvolti a vario titolo. Dal canto suo la soprintendente di Archeologia Belle Arti Antonella Ranaldi definisce sorta di «stordimento nel seguire passo passo gli studi su reliquie dal profondo significato religioso e culturale».

Davanti alla basilica di Sant’Ambrogio, ce ne si accorge guardando subito oltre la rete che circonda la rete degli scavi della M4, c’è una necropoli che risale al IV secolo, alla Mediolanum di cui ancora poco si sa e che continua a svelare i suoi segreti sotterranei. Ossa ingiallite, scheletri comuni e non. Agli esperti il compito di interpretarne i «segni».

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