5 ottobre 2018 - 07:31

Olimpiadi Milano: una «Nuvola» per l’hockey costruita sul parquet dei miti

Dall’epopea delle scarpette rosse a Rolling Stones e Berlinguer. I lavori «infiniti» nell’impianto promesso ai mastini del ghiaccio

di Pierpaolo Lio

L’idea di rifare il trucco al Palalido risale al 2008. Il sindaco Moratti presenta il progetto e nel 2011 inizia la demolizione della vecchia struttura. Da lì è tutta una serie d’inciampi: il termine del 2013 continua a slittare. L’ultima tabella di marcia indica il giorno del taglio del nastro a inizio del 2019 L’idea di rifare il trucco al Palalido risale al 2008. Il sindaco Moratti presenta il progetto e nel 2011 inizia la demolizione della vecchia struttura. Da lì è tutta una serie d’inciampi: il termine del 2013 continua a slittare. L’ultima tabella di marcia indica il giorno del taglio del nastro a inizio del 2019
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A ripercorrerne l’ultimo decennio di (non) vita, la «nuvola» che si scorge ormai da tempo su piazza Stuparich potrebbe essere facilmente scambiata per quella di fantozziana memoria. Come se lo spartano ma mitico Palalido non volesse lasciare lo scettro a quell’«Allianz Cloud» futuristica e ancora asettica che però la città attende ormai da troppi anni. E di cui ha un gran bisogno. Soprattutto in questi giorni di sogni olimpici che si profilano all’orizzonte. Nella porzione milanese del dossier per i Giochi invernali del 2026, infatti, l’impianto polifunzionale in zona San Siro c’è, e potrebbe ospitare i mastini dell’hockey su ghiaccio. Dopo la pioggia di sfortune che s’è abbattuta a lungo su questo progetto — ritardi, scoperte inaspettate di amianto, fallimenti a catena delle imprese al lavoro, e i duecento giorni di cantiere che son già diventati quasi tremila — da Palazzo Marino sono cauti sulla data dell’inaugurazione. Bisogna accontentarsi di un generico «inizio del 2019», e aspettare, ancora, e magari aggiungerci ancora qualche mese per adeguare (al costo stimato di 6 milioni di euro) il palazzetto da 5.500 posti agli sport su ghiaccio.

Eppure qua, per cinquant’anni, s’è fatto un pezzo di storia. Dello sport, della musica, della politica. Per la «capitale morale» il Palalido è stato soprattutto «la» casa della pallacanestro. Otto dicembre 1960: il debutto è non a caso con l’infinito derby del basket Milano-Varese, ottava di campionato. Vince l’odiata Ignis. Ma di lì a poco inizia l’epopea delle «scarpette rosse». Prima gli anni magici del Simmenthal. Poi l’età dell’oro della squadra che ha per condottiero l’indimenticabile accento Usa di Dan Peterson (sarà lui nel 2011, dopo tre anni di annunci dell’allora giunta Moratti, a dare simbolicamente il via ai lavori). È la Milano che vince tutto. E che, almeno su quel parquet, non tornerà più. L’idea di trasformarla nel quartier generale degli eredi di D’Antoni-Meneghin-McAdoo s’è persa lungo la strada. Ma la palla a spicchi continuerà a rimbalzare da queste parti, seppur in versione minore, con l’Urania. L’altro team che sarà di casa è della pallavolo: la PowerVolley.

La grande musica arriva invece insieme alle intemperanze del popolo del rock e agli eccessi della politica extraparlamentare. Primo ottobre 1970: lo show dei Rolling Stones viene salutato all’esterno da disordini con le forze dell’ordine. Saranno 63 arresti. Prima e dopo quella data si esibirà un pezzo del pantheon giovanile: gli Who (‘67), i Ramones (‘78), i Police (‘80), e un Lou Reed che nel ‘76 lascia dopo un paio di canzoni e dopo aver mandato a quel paese un gruppo di autonomi che lo fischia e gli tira di tutto. Due mesi dopo c’è forse l’episodio più estremo. Nel mirino c’è il non-abbastanza-proletario Francesco De Gregori. La contestazione è massiccia, sale sul palco, entra nei camerini, costringe con la forza il cantautore a tornare sul palco per un processo politico di fronte a migliaia d’occhi.

Anche i partiti sono stati qua di casa. Il 13 marzo 1972 Enrico Berlinguer apre il XIII congresso del Pci che l’incoronerà segretario. Altra epoca, altri leader. Nel 2004 le bandiere dell’Ulivo sventolano sopra Romano Prodi, Bertinotti, Fassino, Di Pietro, eccetera. Passano quattro anni e un Silvio Berlusconi ancora in auge straccerà simbolicamente il programma del centrosinistra. E nel 2010, un anno prima del via ai lavori, l’allora governatore Roberto Formigoni, per suggellare la pace con il sindaco, trascina Letizia Moratti in una danza alla festa di primavera. In mezzo c’è di tutto. Il primo trofeo del futuro re del tennis Roger Federer (2001), i mille match della nobile arte fino ai titoli di Giacobbe Fragomeni e Giovanni Parisi, gli dei della Nba (Wilt Chamberlain che si esibisce nel ‘67 con i funamboli degli Harlem Globetrotters e anni dopo Julius «Doctor J» Erving che dà lezioni di basket), lo sbarco del fenomeno del wrestling, le convention cattoliche, il Dalai Lama (‘99), le preghiere islamiche (‘95), gli show scabrosi dell’Erotika Tour.

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