13 gennaio 2019 - 08:18

Alberto Torregiani: «Dopo 40 anni mio padre potrà riposare
in pace». E incontra Salvini

Il figlio del gioielliere ucciso nel 1979 in una sparatoria in cui lui stesso, 15enne, rimase ferito e perse l’uso delle gambe: «Al governo chiedo fermezza». Il ministro dell’Interno: «Galera a vita per questo assassino comunista»

di Redazione Milano online

L’incontro tra Alberto Torregiani e Matteo Salvini (Agf) L’incontro tra Alberto Torregiani e Matteo Salvini (Agf)
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«È fatta. Credo che sia la volta buona». Sono le prime parole con cui Alberto Torregiani, il figlio del gioielliere ucciso a Milano il 16 febbraio 1979 dai Proletari armati per il comunismo in una sparatoria in cui lui stesso, appena 15enne, rimase ferito, perdendo l’uso delle gambe, ha commentato l’arresto di Cesare Battisti a Santa Cruz de La Sierra, in Bolivia. L’ex terrorista che a Milano si macchiò, un paio di mesi più tardi, anche dell’omicidio dell’agente di pubblica sicurezza Andrea Campagna. La cattura di Battisti è arrivata dopo un’intensa attività di indagine svolta dagli investigatori della Digos milanese coordinata dalla Procura Generale meneghina in collaborazione con la polizia locale.

Salvini: «Assassino comunista, in galera a vita»

Già domenica mattina il ministro dell’Interno Matteo Salvini si è rivolto alle famiglie delle vittime: «Il pensiero va a loro: le contatterò personalmente e li inviterò anche al Viminale se avranno voglia e la pazienza di venire per guardarli negli occhi. Ripeto, nessuno riporta in vita i loro figli, i loro fratelli, i loro mariti, però, quanto meno, chi sbaglia paga». Nel pomeriggio, parlando alla Scuola Politica della Lega a Milano, a Palazzo Castiglioni, Salvini ha detto: «Ringrazio le forze dell’ordine che hanno fatto contenti 60 milioni di italiani. Ringrazio Jair Bolsonaro che ha permesso tutto questo. Ora il mio impegno è che questo delinquente arrivi in Italia domani. Questo assassino comunista dovrà marcire in galera fino all’ultimo dei suoi giorni. Non deve uscire vivo di galera, perché quando toglieva la vita agli innocenti non si è posto il problema se l’ergastolo fosse umano o disumano». Quanto a «certi scrittori, intellettuali e cantanti che firmavano appelli per Battisti», «sono orgoglioso di essere nemico di certa gentaglia che difende gli assassini», ha detto Salvini. «Ci sono altre decine di assassini a piede libero in Europa e nel Mondo. Daremo tutte le energie possibili per riportarli nelle carceri italiane li andremo a prendere uno. Conto che entro domani gli splendidi uomini e donne dei servizi di sicurezza ci portino in Italia colui che per qualcuno era un eroe ma per me è un volgare assassino», ha concluso.

Le lacrime: «Mio padre dopo 40 anni riposerà in pace»

Subito dopo il suo discorso il ministro dell’Interno ha incontrato a Palazzo Castiglioni Alberto Torregiani, che partecipava in qualità di testimonial dell’associazione Fare Ambiente. «A Salvini chiedo di mantenere la fermezza, possiamo gioire ma non essere euforici - ha detto Torregiani -. Finché non lo vediamo atterrare in Italia non è ancora scontato che avremo giustizia».«Penso che mio padre, Sabatini e Campagna, dopo 40 anni, possano finalmente riposare in pace», ha aggiunto con le lacrime agli occhi. Nel corso dell’incontro con Matteo Salvini «ci siamo congratulati a vicenda» ha riportato Alberto Torregiani. Salvini «ci ha messo la faccia» ha poi aggiunto Torregiani. Che lo ricorda «combattivo» sulla vicenda già quando andò a Bruxelles a parlare da cittadino alla plenaria. Quando Salvini è diventato ministro dell’Interno «una delle prime cose che ha fatto è stata chiamarmi e poi ci siamo sentiti spesso» ha raccontato Torregiani. «Mi disse: vedrai che lo prendiamo; e l’ha fatto», ha concluso.

«Ora l’estradizione»

Per Torregiani è stata lunga la battaglia per far tornare in carcere Battisti. Sono stati anni di speranze, delusioni e impegno in prima persona. «Non oso pensare che ora possa trovare un escamotage — ha sottolineato —. È impossibile che non venga estradato in Italia. Tecnicamente è un fuggiasco, non coperto da nessuno status particolare. È un latitante e non ha più benefici. Quindi credo che nell’arco di 48 ore, una settimana al massimo, sarà in carcere in Italia. Non penso che i brasiliani abbiano tanta voglia di tenerselo». Era in silenzio, orami, da oltre un anno, Alberto Torregiani, l’ultima volta intervenne per commentare un’intervista che Battisti rilasciò al Giornale Radio Rai: «Battisti è un criminale e un bugiardo che prende in giro tutti — aveva detto—. È il responsabile morale dell’omicidio di mio padre».

Il commando di fuoco di via Mercantini

Del commando milanese che entrò in azione nel pomeriggio del 16 febbraio 1979, quando l’orefice Pierluigi Torregiani cadde in un agguato davanti al suo negozio di via Mercantini 2A, quasi all’angolo con piazza Bausan, facevano parte Giuseppe Memeo, l’autonomo effigiato nella famosa fotografia scattata da Paolo Pedrizzetti in via De Amicis mentre impugna una pistola, Gabriele Grimaldi, la coppia che fece fuoco, Sante Fatone e Sebastiano Masala, che agirono in ruolo di copertura. Nel processo d’appello della primavera 1983 furono tutti condannati a pene superiori a 25 anni di reclusione. Tra i tredici imputati di quel processo figurava anche Cesare Battisti (13 anni di pena), che non partecipò all’esecuzione dell’orefice milanese perché quel giorno era impegnato a sparare contro il macellaio Sabbadin. Battisti faceva parte del direttivo dei Proletari armati per il comunismo e aveva partecipato alla scelta degli obiettivi da colpire e all’organizzazione delle azioni terroristiche.

Adriano Sabbadin: «Di perdono non se ne parla»

Dell’arresto di Battisti ha parlato anche Adriano Sabbadin, figlio di Lino ucciso da Cesare Battisti a Santa Maria di Sala (Venezia) il 16 febbraio del 1979 perché ritenuto colpevole, da un commando dei Proletari Armati per il comunismo, di essersi difeso nel corso di una rapina. «Di perdono non se ne parla, è una parola che deve imparare Cesare Battisti - afferma - . È un momento di soddisfazione dopo 40 anni di attesa, speriamo che sia la volta buona e che Battisti finalmente sconti la pena che merita».

L’ergastolo, poi la fuga

Cesare Battisti, condannato all’ergastolo per 4 omicidi e 3 ferimenti, oltre a un tentato sequestro di persona, non ha pagato per le sue colpe. Riuscì a evadere dal carcere di Frosinone nel 1981 e a rifugiarsi in Francia, dove grazie alla «dottrina Mitterrand» dopo pochi mesi di carcere, condusse un’esistenza tranquilla e ottenne un certo successo come autore di romanzi gialli. Mentre in Francia il vento cambiava riuscì a fuggire in Brasile.

Fontana: «Vicini alle vittime»

«Soddisfazione per la cattura di Cesare Battisti. Ogni atto di giustizia, piccolo o grande che sia, rafforza la fiducia nelle istituzioni e indica la strada della legalità come la più sicura e conveniente». Così su Facebook il governatore Attilio Fontana, commentando la notizia della cattura dell’ex terrorista. «In questo momento — ha aggiunto Fontana — il mio pensiero va ai familiari delle vittime delle azioni di una persona cinica e spietata: vi sono vicino, come tutti i lombardi che credono nella legalità!».

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