Il missile «per uccidere» Matteo Salvini? Il giudice archivia: «Forse un bizzarro complemento d’arredo»

di Redazione Milano

Il gip Roberto Crepaldi archivia l’indagine sui gruppi di estrema destra aperta dalla Procura di Torino. «Naturale obsolescenza sia fisica che tecnologica dei contenitori lanciarazzi»

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Una (enorme) pallottola spuntata. Il missile «aria-aria» Matra che avrebbe dovuto o potuto «uccidere» l’allora ministro dell’interno Matteo Salvini non è altro, forse, che un «bizzarro complemento d’arredo». A scriverlo è il gip di Milano Roberto Crepaldi nel provvedimento di archiviazione dell’indagine su gruppi legati all’estrema destra avviata dalla Procura di Torino. L’inchiesta, nel luglio 2019 , aveva portato a tre arresti e a sequestri di armi da guerra e loro componenti. Nell’«arsenale» c’era anche quel missile, ora ritenuto inoffensivo e obsoleto.

La ricostruzione dei fatti

Estate 2019, dunque. Allora Salvini aveva parlato della segnalazione di un ex agente del Kgb su un «attentato» da parte di nazionalisti ucraini. «Era una delle tante minacce di morte che mi arrivano ogni giorno — disse —. I servizi segreti parlavano di un gruppo ucraino che attentava alla mia vita. Sono contento sia servito a scoprire l’arsenale di qualche demente». Aveva poi aggiunto l’ex ministro dell’Interno: «Penso di non aver mai fatto niente di male agli ucraini, ma abbiamo inoltrato la segnalazione e non era un mitomane. Non conosco filonazisti. E sono contento quando beccano filo-nazisti, filo-comunisti o filo chiunque».

L’annuncio su Facebook

Il 18 luglio del 2019 il leader della Lega aveva commentato la vicenda anche su Facebook: «Le indagini seguite alla denuncia di un potenziale attentato da parte di stranieri contro di me hanno portato alla scoperta di un arsenale di armi e a degli arresti di neonazisti. Grazie alle forze dell’ordine, io vado avanti senza paura: insulti e minacce mi danno solo più forza!».

L’inchiesta

L’inchiesta partita a Torino e poi passata a Pavia e infine a Milano aveva portato all’arresto di Fabio Del Bergiolo, ex ispettore delle Dogane ed ex candidato in Senato per Forza Nuova — riarrestato l’anno scorso nell’ambito di un altro procedimento — che voleva vendere il missile per 470 mila euro, e dei due proprietari dell’hangar dove era stato ritrovato. Questi ultimi si sono sempre difesi spiegando di essere i «custodi» del Matra per conto di un collezionista (a sua volta indagato con un’altra persona). Nel provvedimento con cui il giudice Crepaldi accoglie la richiesta di archiviare il caso presentata dal pm Isabella Samek Lodovici, formulata dopo una perizia sulle armi, si spiega che «non vi è dubbio» che il missile, ora dissequestrato, «pur originariamente classificabile come arma da guerra, sia stato sottoposto a procedure di disattivazione in altro Paese». Alla fine di queste lavorazioni il missile «ha perso tutto l’enorme potenziale bellico ed è divenuto del tutto inidoneo a recare offesa alla persona, nonché insuscettibile di ripristino». Spuntato, appunto.

Il provvedimento del gip

«Il missile — sottolinea il gip — è divenuto oramai un mero simulacro vuoto e, contrariamente a quanto millantato da alcuni degli indagati, assume un valore solo quale (forse bizzarro) complemento d’arredo». Il decreto di archiviazione, nel sostenere che «il fatto non sussiste», parla di una «naturale obsolescenza sia fisica che tecnologica» dei contenitori lanciarazzi, che risalgono agli anni ‘60 e ‘80 e sono per altro privi di munizioni, «tale da renderli inoffensivi e inutilizzabili come le altre componenti ritrovate». Solo per un lanciarazzi è stata disposta la confisca e la distruzione. «Piena stima e fiducia nella magistratura milanese che, dopo il trasferimento dell’indagine da Torino a Pavia ha accertato come la vicenda non avesse nulla di penalmente rilevante», ha commentato uno dei difensori, l’avvocato Agostino Garagiola.

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26 ottobre 2021 (modifica il 26 ottobre 2021 | 16:18)