Milano

Minacce via social a consigliera musulmana di Milano, il gip: "Inutile chiedere, Facebook non collabora"

Sumaya Abdel Quader (Foto dal profilo Facebook) 
Già in altri casi, alle richieste dei pm milanesi, il Dipartimento della giustizia degli Stati Uniti si è rifiutato di fornire i dati degli utenti. Tali condotte, spiega il giudice, "sono tutelate dal Primo emendamento della Costituzione; negli Usa non è previsto il reato di diffamazione, è punita solo l'istigazione ad azioni illegali imminenti"
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Impossibile riuscire a indagare su chi ha minacciato e offeso via social la consigliera comunale milanese del Pd, Abdel Qader Sumaya. Lo dice chiaro e tondo il gip di Milano, Guido Salvini, in merito a un filone dell'inchiesta nata da una querela per diffamazione presentata nel 2016 da Sumaya e da suo marito per una serie di articoli pubblicati da vari giornali in cui veniva sottolineata la vicinanza con l'Islam più radicale per la quale è stata disposta l'archiviazione. 

Il gip spiega che Google e Facebook, destinatari dei "decreti di acquisizione dei 'files di log'" emessi dal pm, "non hanno fornito i dati richiesti in quanto non hanno rilevato all'interno delle pagine web reati ravvisabili in base alla legge degli Stati Uniti ove le due piattaforme sono ospitate". Le minacce e le offese, si legge nel decreto, "avevano diverse provenienze" e "in parte sono giunte da, presumibilmente italiani, che 'invitavano' la candidata 'a tornare nel suo paese'". Il giudice chiarisce, però, che non è possibile "esperire ulteriori attività finalizzate all'individuazione degli autori delle minacce anche perché più volte il Dipartimento della giustizia degli Stati Uniti, in risposta a richieste di assistenza giudiziaria internazionale" dei pm milanesi, in relazione "ad ipotesi di reato di diffamazione a mezzo Facebook", ha segnalato che "condotte come quelle di cui al presente procedimento sono tutelate negli Stati Uniti dal Primo emendamento della Costituzione". E che negli Usa "non è previsto il reato di diffamazione ed è punita solo l'istigazione ad azioni illegali imminenti, certamente non configurabile nel caso in esame".

Anche se venisse inoltrata una rogatoria internazionale, come avvenuto già in numerosi casi giudiziari, conclude il gip, "l'assistenza sarebbe certamente rifiutata" e "restano pertanto ignoti gli autori delle minacce".