Milano

Nessuna zona rossa a Milano "Pericoloso limitare le libertà"

L'area delle case Aler dove è stata creata la Zona rossa per ora solo formalmente 
La vicesindaca Scavuzzo: "Profili di incostituzionalità". Il sindaco di Sesto invece le vuole "attorno al metrò e nel parco della droga"
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Un agguato nel centro della città, dove le case arrivano a costare più di 5mila euro al metro quadrato. Dove la movida accende le strade e la mattina — magari proprio all’ora della sparatoria — si porta a spasso il cane e si accompagnano i bimbi a scuola. Eccola, la miccia che (ri)accende la polemica sulla sicurezza a Milano, nei giorni in cui già si discute sull’iniziativa del Viminale di inviare alle prefetture una circolare, con l’indicazione di istituire in ogni città delle " zone rosse" nelle quali coloro che hanno commesso reati come spaccio, furti, molestie, non possano più entrare. Dei "daspo urbani" per categoria, validi in una determinata zona della città, su modello di quanto già fatto a Bologna e Firenze. E che potrebbero essere applicati anche a chi ha, a suo carico, per il momento soltanto una denuncia. Zone rosse alle quali Milano, per ora, sembra però dire no: nonostante quanto accaduto ieri, neanche in prefettura, al momento, si starebbe parlando di istituirle in città.

"Prima di dire che è un approccio adatto a Milano, e che qui va bene, serve una riflessione", dice anche Beppe Sala. Che invoca cautela, perché "il tema va approfondito. Mi fa un po’ paura il fatto di trattare tutte le città allo stesso modo — riflette il sindaco — . Non dico che è sbagliato in assoluto, ma è qualcosa con cui poi bisogna conviverci". E che, quindi, deve essere valutata con attenzione: questa la linea del primo cittadino. Che, del resto, sembra essere sposata anche da corso Monforte, dove per mercoledì è convocato il Comitato per l’ordine e la sicurezza. Ma dove, almeno per ora, non si starebbe lavorando all’istituzione di zone dalle quali allontanare chi è ritenuto pericoloso. "Io aspetto di leggere che cosa intendano dal Viminale — frena, così, anche la vicesindaca e assessora alla Sicurezza, Anna Scavuzzo — , Anche perché vorremmo capire cosa potrà dirci il ministero sul fronte della costituzionalità: ci sono delle preoccupazioni dal punto di vista della libertà, che verrebbe in qualche modo limitata per le persone con condanne o quant’altro".

Del resto, stando ai dati, a Milano oggi gli illeciti non sono in aumento. Ma in diminuzione: "I reati sono calati del 4,2 per cento, ma stiamo lavorando per migliorare ancora", ammette lo stesso ministro degli Interni Matteo Salvini, ricordando anche che in città già dall’autunno ci sono 88 agenti di polizia in più. E che ne è previsto l’arrivo di altri 487. E pazienza se il suo collega di partito, il governatore Attilio Fontana, ci va giù pesante, e chiede "il pugno più duro. Bisogna dare alla polizia la possibilità di intervenire, mettere a disposizione più risorse per effettuare controlli e interventi. Non si può abbassare la guardia in questo momento".

Certo è che quello delle zone rosse rimane un tema che fa discutere. Per i profili di costituzionalità — si può interdire qualcuno da una determinata parte della città solo perché ha a suo carico una denuncia e non ancora una condanna? — ma non solo. Perché a destare preoccupazione sono anche le applicazioni pratiche del provvedimento: "Come si fa quando uno spacciatore viene mandato ai domiciliari nella zona rossa dalla quale sarebbe interdetto, ma dove abita?", si è chiesta due giorni fa, dalle pagine di Repubblica, la sindaca di Rozzano Barbara Agogliati, nel cui comune si trova il primo esempio di zona rossa istituito nel milanese. Già a fine 2018, grazie a quanto previsto dal decreto Sicurezza e, prima ancora, da una legge varata dal governo Gentiloni nel 2017. "È ovvio che non puoi dire a qualcuno che non può tornare a casa sua, specie se si tratta di persone per le quali i magistrati hanno disposto i domiciliari. Però io credo che l’applicazione delle zone rosse sia possibile, e vada fatta", ribatte allora Roberto Di Stefano, sindaco forzista di Sesto San Giovanni. Dove, dal giugno 2017 a oggi, sono stati fatti 420 Daspo urbani "contro coloro che bivaccano o commettono reati come molestie, furti, spaccio: siamo il primo comune in Italia. E funziona, dopo questi allontanamenti i soggetti non tornano più — sottolinea Di Stefano — . Noi le zone rosse vorremmo istituirle dove ci sono le tre stazioni della metropolitana, e magari anche nel parco dove abbiamo problemi di spaccio di droga. Stiamo valutando con attenzione".