Milano

Bergamo, sepoltura dei cittadini di fede islamica: il Tar boccia la delibera del Comune

L’atto prevedeva che una onlus certificasse il credo della persona deceduta. Arriva lo stop del tribunale amministrativo
1 minuti di lettura
E' in contrasto con il principio costituzionale della "libertà di religione e della sua professione" la delibera del Comune di Bergamo del maggio 2018 che dava "la possibilità di accedere al rito funebre islamico" per i defunti musulmani, sepolti in un'area assegnata al Centro culturale islamico Onlus solo se i parenti avevano ottenuto "una certificazione attestante la fede islamica" dalla stessa onlus. Lo ha deciso il Tar della Lombardia accogliendo il ricorso di una serie di associazioni di musulmani, assistite dall'avvocato Ruggero Troiani, e annullando la decisione dell'amministrazione comunale.

Nella sentenza la seconda sezione del Tar bresciano (presidente Alessandra Farina) ricorda che nel 2008 il Comune di Bergamo e il Centro culturale islamico Onlus hanno stipulato una convenzione con la quale alla onlus è stata assegnata un'area sulla quale "ha provveduto alla realizzazione del reparto cimiteriale riservato e separato, a sua cura e spese". Nel maggio dello scorso anno, però, il Comune ha parzialmente modificato quella convenzione stabilendo che "nel reparto speciale islamico del Cimitero civico di Colognola (a Bergamo, ndr) sono accolti tutti i defunti di quella religione per i quali ne venga fatta richiesta e di cui venga attestata preventivamente la professione della fede islamica da parte del Centro Culturale Islamico".

Sulla base di una precedente ordinanza del Tar, l'amministrazione comunale, poi, è intervenuta "subordinando la sepoltura a un'autocertificazione della famiglia del defunto", ma non ha revocato "la precedente deliberazione" e la modifica del 2018. Un intervento, dunque, rimasto "lettera morta" anche per la "indisponibilità del Centro culturale islamico" di firmare la nuova proposta del Comune. Così i giudici non hanno potuto fare altro che accogliere i ricorsi delle associazioni e di fatto ripristinare l'efficacia della convenzione firmata oltre 10 anni fa. Una "mera associazione privata", infatti, scrive il Tar, non ha alcuna "legittimazione" per attestare la fede di un defunto.