Napoli

De Crescenzo: "Ma Napoli è più forte dei suoi abitanti"

De Crescenzo 
"Questo è l’unico luogo che riesce a mantenere intatta la propria identità"
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Ingegner De Crescenzo, auguri per i suoi 90 anni. “Così parlò Bellavista” arriva a teatro a distanza di 34 anni dal film. Un bel regalo per il filosofo scugnizzo di Santa Lucia.

Cosa ha provato nel vedere lo spettacolo in scena con attori diversi?
«Mi sono sentito come un padre che vede suo figlio crescere e andare via da casa. È vero, la maggior parte del cast è cambiato, eppure, sarà stata la presenza di Benedetto e di Geppy che hanno già recitato nel film, e quella di Marisa che considero parte della mia famiglia, ma per un attimo mi è sembrato di essere di nuovo lì, tra le scale di Palazzo Ruffo, e rivivere le stesse emozioni provate durante le riprese del film».

Com’è cambiata Napoli da allora?
«Forse sono la persona meno adatta a rispondere a questa domanda, ho un rapporto viscerale con la città e non sempre riesco ad essere obiettivo. Detto questo, Napoli è più forte dei suoi abitanti, può cadere ma si rialza sempre».

Napoli è ancora “l’ultima speranza dell’umanità”?
«In questo mondo in cui il progresso sembra prendere il sopravvento su tutto, in cui le città sono sempre più simili le une alle altre, Napoli è l’unico luogo che riesce a mantenere intatta la propria identità. Una copia di Napoli non potrà mai esistere, per questo è l’ultima speranza che abbiamo». I boss sono sempre più giovani. Si può battere la camorra?
«Io credo la camorra si possa battere. Si dovrebbe investire sull’istruzione e dimostrare alle nuove generazioni che intraprendere la strada della legalità è più conveniente rispetto a quella dell’illegalità».

Nel suo film Giorgio era costretto a partire per Milano nonostante la laurea in architettura. I cervelli in fuga sono aumentati da allora e i disoccupati sono numerosi. Cosa consiglia ai giovani che cercano lavoro?
«Di studiare, informarsi, investire sulla propria formazione, mettersi alla prova anche in ambiti che mai avrebbero immaginato, purché siano legali. A volte per imboccare la strada del proprio destino è sufficiente incamminarsi per percorsi inaspettati, come è accaduto a me. Chi lo avrebbe mai detto che sarei diventato scrittore?»

Cosa pensa dell’ondata di razzismo nel Paese?
«Non credo che l’Italia sia un Paese razzista. Detto questo, una certa intolleranza è sempre esistita. Fino a qualche anno fa era indirizzata ai meridionali che si trasferivano al Nord per cercare lavoro. Oggi invece, è indirizzata a chi è costretto a lasciare il proprio Paese a causa di guerre e crisi economiche. Passano gli anni, ma il problema resta sempre lo stesso: la mancanza di empatia. Se solo provassimo a metterci nei panni di queste persone, a capire cosa li spinge ad abbandonare la propria terra e i propri cari, forse, e sottolineo forse, anziché travolti dall’odio ci ritroveremmo carichi di compassione».

Qual è l’esperienza che l’ha segnata di più nella vita?
«Tutto ciò che ho vissuto. Di sicuro però, c’è stato un momento cruciale: quando ho deciso di lasciare il posto fisso all’Ibm per dedicarmi alla scrittura. Un azzardo, ma anche la scelta più saggia della mia esistenza».

Ci sono stati omaggi e celebrazioni per i suoi 90 anni
«Rappresentano un traguardo importante nella vita di un individuo ma mai avrei immaginato di essere travolto da così tante manifestazioni d’affetto. Migliaia di messaggi sui social, per non parlare delle interviste.Insomma, quando il 18 agosto ho festeggiato il mio compleanno, non ero circondato soltanto dai miei familiari e dai miei amici più cari, ma anche dall’abbraccio dei tanti che mi hanno dedicato un pensiero».

Tra i giovani autori della letteratura contemporanea c’è qualcuno che l’ha colpita?
«Tutti, anche se non li conosco personalmente. Ciò che mi piace di più in realtà, è che ci siano nuovi scrittori che possano avvicinare i giovani alla lettura. Leggere è fondamentale, e il libro è il biglietto più economico per fare lunghi viaggi».

C’è una frase che l’ha guidata nella vita?
«Ama il prossimo tuo come te stesso».

Lei vive a Roma. Le manca questa città?
«Per me Napoli non è una città, ma uno stato d’animo, quindi è sempre con me».

Che regalo vorrebbe per i suoi 90 anni?
«Ebbene, a giugno Mondadori ha pubblicato la mia autobiografia, lunedì scorso ho ricevuto un riconoscimento al Maschio Angioino e il Premio San Gennaro. Ieri è andata in scena la prima della trasposizione teatrale di “Così parlò Bellavista”. Cosa potrei chiedere di più?»

Progetti per il futuro?
«Ho novant’anni, avere progetti per il presente mi sembra già una fortuna».