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Il procuratore generale Riello: "Camorra, episodi allarmanti: il governo passi dalle parole ai fatti"

Il falò contro i pentiti a Castellammare di Stabia 
Il magistrato dopo gli episodi ai Decumani e a Castellammare: "Lo Stato deve riprendersi alcune aree che oggi rischiano di apparire come zone franche" 
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"Napoli deve essere considerata una priorità nazionale. Non servono allarmismi, né bisogna soffiare sul fuoco. Ma non si può sottovalutare quello che sta accadendo". Nel giro di poche ore la camorra ha colpito con una bomba carta nel cuore dei Decumani, prendendo di mira la cappella votiva in memoria di Emanuele Sibillo, boss della "paranza dei bimbi" ucciso a soli 17 anni, e ha lanciato un macabro messaggio a Castellammare di Stabia, con il falò contro i collaboratori di giustizia inscenato approfittando della tradizionale usanza dei fuochi dell'Immacolata.

"Episodi diversi, ma ugualmente allarmanti", li definisce il procuratore generale Luigi Riello, la massima autorità requirente del distretto di Napoli che chiede al governo, dopo le rassicurazioni degli ultimi mesi, di passare "dalle parole, ai fatti".

Procuratore generale Riello, secondo lei l'esecutivo non sta facendo abbastanza contro la criminalità organizzata napoletana?
"Non intendo dare giudizi. Ho visto molte buone intenzioni, sia da parte del ministro dell'Interno, Matteo Salvini, sia dal guardasigilli Alfonso Bonafede. Ho molto apprezzato che siano venuti più volte di persona in città. Adesso aspettiamo che queste attenzioni, sicuramente positive, si traducano in risposte concrete".

In che modo?
"Lo Stato deve riappropriarsi di alcune aree che oggi rischiano di apparire come zone franche. Le forze dell'ordine in campo fanno il massimo, ma evidentemente non sono sufficienti. E servono maggiori risorse per velocizzare la macchina processuale".

Se i processi sono troppo lenti non sarà anche colpa dei magistrati?
"Non è mia abitudine nascondermi dietro la litania della carenza di uomini e mezzi. Però il problema esiste: abbiamo moltissimi magistrati che stanno andando in pensione, così come il personale ausiliario. Ma noi non restiamo con le mani in mano: in questa settimana, in Corte d'Appello, si terrà la conferenza per le priorità. Ci riuniremo per razionalizzare ulteriormente il lavoro e ridurre il rischio di prescrizione".

Quando parla di "zone franche" si riferisce anche al rione Savorito di Castellammare di Stabia, dove è stato lanciato il macabro messaggio contro i pentiti?
"In quell'azione inquietante, leggo il segnale di una camorra che prova a mostrare i muscoli dopo essere stata ferita in maniera significativa da arresti anche eccellenti, lanciando una sorta di anatema nei confronti di quanti hanno già collaborato e di quanti potrebbero accingersi a farlo. Ma il segnale più preoccupante non è il falò".

E quale, allora?
"Il comportamento delle persone che erano presenti quando è stato innalzato quel fantoccio sulla pira ed è stato affisso lo striscione con la scritta minacciosa. So bene che molti hanno paura. Altri però sono rimasti indifferenti, qualcuno ha persino applaudito. Su questo dobbiamo ragionare tutti".

È solo un problema di omertà o di clima di intimidazione?
"Non credo. Il discorso, a mio giudizio, è più complesso. Ha ragione il procuratore di Napoli, Giovanni Melillo, quando dice che la camorra è qualcosa di molto complesso. Ha mille teste e, soprattutto, è entrata nel sistema produttivo, come dimostrano molte indagini, non ultima quella sui clan di Castellammare nella quale è coinvolto anche un imprenditore. E dunque, più ampia è la cosiddetta zona grigia, più si assottiglia la forza di reazione del cittadino comune".

La società civile è ancora troppo indifferente, secondo lei?
"Per il ruolo che ha e dovrebbe avere, la sua voce è ancora flebile. Però è doveroso ricordare che, almeno nell'ultimo anno, qualcosa si sta muovendo. Stiamo assistendo a segnali di risveglio che vanno apprezzati e incoraggiati. Se prima era il deserto, adesso si vede qualche germoglio".