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Quel finto selfie felice che viene dalla parte buia del mondo

Lorenzo Marone 
I granelli
2 minuti di lettura
La foto dei bambini indiani che si fanno un selfie con una pantofola ha giustamente fatto il giro del mondo. Parliamo, per chi non lo sapesse, di un gruppetto di cinque bambini che si mettono in posa per farsi immortalare da un finto smartphone, in realtà la ciabatta di quello che appare il più grande fra loro. Sono tutti sorridenti, sembrano tutti felici.

È un’immagine che, come è stato detto, procura un sorriso melanconico e allo stesso tempo ti costringe a deglutire per buttare giù un fastidioso nodo alla gola. Qualcuno crede si tratti di una foto manipolata al computer, non lo so, so che è di una forza inaudita e che mostra in modo inequivocabile quello che oggi è il mondo, in quest’era di Instagram dove la parola, ahimè, ha perso il suo potere. Siamo un pianeta come tagliato in due dal sole, una porzione alla luce e una al buio: l’occidente con il suo denaro e le sue vite sfavillanti che passa il tempo a farsi i selfie, a cercare l’angolazione giusta per scattare la foto del giorno, il rossetto e il make up sempre perfetti, vite distorte che crediamo di dover a tutti i costi esibire. Dalla parte opposta, invece, ci sono i paesi poveri e sottosviluppati abitati da disperati che subiscono ogni giorno privazioni, prepotenze, angherie, costretti a fuggire dalla guerra, dal fanatismo religioso, dalle torture e dagli stupri, dallo sfruttamento minorile.

L’India è il paese con il maggior numero di “bambini di strada”, minori che trascorrono le loro giornate accanto alle fermate degli autobus, nelle discariche, chiedendo l’elemosina, dormendo nei bagni pubblici o sui marciapiedi, non hanno adulti a prendersi cura di loro, sono soli, disperati, il più delle volte sfruttati e abusati. Nella sola Nuova Delhi ci sono centomila bambini di strada, un esercito impressionante di poveri angeli senza Dio che vaga alla ricerca di aiuto. A tal proposito, vi invito a guardare “Lion”, una storia vera che fotografa quella che è la situazione dei bambini poveri in India. In Africa e Asia lo sfruttamento minorile del lavoro raggiunge il trenta per cento, i bambini dai cinque anni in su sono utilizzati in ogni campo: nell’industria tessile, nelle fabbriche di scarpe, di cosmetici e borse, in quelle di mattoni, nelle miniere e negli hotel, nei bar e nei ristoranti. In questa parte buia del pianeta ai bambini non è permesso farsi i selfie, e non solo perché non posseggono gli smartphone, ma perché non sono proprietari nemmeno del più prezioso fra i beni che abbiamo: il tempo.

Da noi i ragazzini spesso gettano il loro tempo dietro a un video di YouTube, dall’altra parte del mondo invece consumano le loro ore rischiando la vita per estrarre dal terreno la mica (attenti a non farsi pungere da serpenti e scorpioni), un ingrediente presente in tutti i cosmetici, soprattutto negli ombretti e nei rossetti.

Quel finto selfie pieno di sorrisi, amore e povertà dovrebbe essere da monito per noi fortunati, dovrebbe ricordarci che ci troviamo nella “parte giusta” del pianeta, e che però non abbiamo alcun merito per questo, si è trattato solo di fato propizio, e che questa fortuna sfacciata dovremmo meritarcela ogni giorno insegnando ai nostri figli il valore di ciò che abbiamo e il rispetto per chi, al contrario, non ha nulla, affinché le generazioni future siano più pronte di noi ad accogliere la massa di sventurati nati nella parte buia del mondo, quei bambini che oggi giocano a farsi i selfie con una pantofola e che un domani sfideranno i mari in tempesta per reclamare a gran voce i loro diritti e chiedere un posto al sole per i propri figli.