Napoli

Zingaretti libera il Pd dai notabili

Nicola Zingaretti 
Il commento
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L’elezione di Nicola Zingaretti a segretario del Partito Democratico è avvenuto sulla base di una grande mobilitazione. Questo gli dà un mandato forte: dare voce a una sinistra molto larga e con tante diverse anime – quella vista nella grande piazza di Milano e nei gazebo anche in Campania e a Napoli. È un mandato, per forza di cose, proiettato verso la società.
 
Zingaretti sa che il Pd deve tornare a rappresentare i milioni di persone che hanno avuto di meno in questi anni e ai quali il Pd non ha dato risposte. Solo così, infatti, può ambire a raccogliere le disillusioni che verranno da incongruenze e limiti delle misure del governo e può fermare il carosello propagandistico, fondato su paura e risentimento, voluto da Salvini. Per poter realizzare questa prospettiva, Zingaretti deve fare il segretario che guida ascoltando, che tiene unite le diverse sensibilità e favorisce gruppi dirigenti nuovi nel Pd, capaci di proporre soluzioni insieme a chi, nella società, già lavora in tale direzione, uscendo dall’angusto recinto di partito.
 
Non il capo circondato da cerchi magici. Non colui che non sa né vuole essere contraddetto. Il costruttore, invece, di lealtà e circolarità in un confronto nel partito che corrisponda a un dialogo costante con sindacati, imprese e imprese sociali, volontariato, scuola, mondo della cultura, della ricerca e delle arti e con centinaia di migliaia di giovani che vivono lontano eppure mantengono forti “legami di speranza” con l’Italia.
 
Per avviare queste sfide è indispensabile ricostruire un’agenda per l’Italia dei prossimi vent’anni nella quale sia ridata centralità al Mezzogiorno. L’Italia, infatti, non riparte senza il Sud e con l’esclusione sociale che, nelle città meridionali, tocca metà della popolazione. Se è così, Zingaretti dovrà fare una scelta: smettere di dare spazio ai logori gruppi di potere che, in questi anni, anche nel Pd hanno guardato solo a preservare le posizioni di rendita. Continuare, infatti, a mediare con questi notabilati parassitari è l’esatto contrario del cambiamento.
 
Il nuovo segretario lo saprà fare? Sette giorni prima delle primarie Nicola Zingaretti è venuto a Napoli. E nella sede della piccola associazione di cui sono presidente è stato con noi novanta minuti, senza clamore. Intorno al tavolo vi erano studiosi ed “ esperti sul campo” impegnati da decenni nel contrastare le crescenti povertà. Abbiamo tenuto i tempi degli interventi e abbiamo chiesto a Zingaretti di ascoltare. Nicola ha appuntato con cura. E ha concluso brevemente dicendo che le condizioni della stessa tenuta della nostra democrazia stanno nella ripresa della lotta alle disuguaglianze e nel mettere insieme crescita economica, lotta alle burocrazie asfissianti, coesione sociale e civile. E si è impegnato a ritornare presto per fare insieme il punto.
 
È stato un buon segnale. Ma quali sono i possibili fondamenti di un’agenda per il Mezzogiorno?
Su queste pagine, nei giorni scorsi, Vincenzo Ruggiero elencava quella che, a suo parere, non può più essere l’agenda di sinistra e cioè quella degli ultimi suoi governi, mentre Maria Luisa Iavarone sollevava un legittimo dubbio sulla vera natura delle nostre élites spesso propense al familismo amorale più che alla cura del bene comune e in tanti abbiamo argomentato contro il rischio reale di un federalismo iniquo che sarebbe una valanga su un Mezzogiorno già debole.
 
Almeno quattro temi - da aggiungere a una lotta implacabile contro le mafie - saranno alla prova del Partito Democratico di Zingaretti nei prossimi mesi perché sono cruciali per la vita concreta delle persone nel Mezzogiorno.
 
1. Va fermato il “ federalismo dei ricchi”, che distruggerà il welfare e la scuola e ogni possibile sviluppo nel Mezzogiorno, danneggerà anche il Nord e metterà a rischio l’unità nazionale.
 
2. Va rilanciata l’educazione: asili nido e servizi alla prima infanzia e ai genitori fragili, supporto alle scuole d’infanzia di periferia, tempo pieno nella scuola dell’obbligo, rilancio di una vera formazione professionale, riunificazione dei tanti soldi oggi frammentati e semplificazione delle procedure per sostenere terzo settore e comunità educanti nei quartieri difficili.
 
3. Va sostenuta la lotta alle disuguaglianze distinguendo tra reddito di cittadinanza da concentrarsi sui più poveri e sulle famiglie povere con bambini dalle politiche attive del lavoro, aiutando le imprese ad assumere nelle industrie, in agricoltura e nei servizi innovativi e liberandole da fiscalità e burocrazie spesso insensate, sostenendo assunzioni di qualità nelle pubbliche amministrazioni, supportando l’auto- impresa anche con l’estensione della misura Resto al Sud, rendendola più fruibile per le fasce meno protette di giovani.
 
4. Vanno rese operanti le azioni della strategia per le nostre aree interne. Queste cose costano? Sì. Ed è giunto il tempo di porre, come sinistra, la questione di una patrimoniale sulle rendite per realizzare queste cose seriamente e lontano, dunque, dalle pratiche inaccettabili di classi dirigenti meridionali non all’altezza del compito. Le élites devono anche esse, come la politica, essere messe alla prova di un’agenda per il domani.