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Finte assunzioni e licenziamenti: decine di truffe all’Inps per 5 anni

Camorra in Veneto, una cinquantina di persone ha beneficiato dei contributi statali attraverso frodi e società portate al fallimento

Rubina Bon
2 minuti di lettura

VENEZIA. I Casalesi di Eraclea percepivano l’indennità di disoccupazione. In maniera indebita, secondo la Procura, grazie alla girandola di finte assunzioni e successivi finti licenziamenti, società spolpate e portate al fallimento, titolari come prestanomi.

I finanzieri del Gico di Trieste, che hanno indagato sul clan nel Veneto Orientale assieme alla Squadra Mobile di Venezia, hanno quantificato in 700 mila euro la truffa ai danni dell’Inps messa a segno dal sodalizio criminale.

Dai vertici ai sodali, una cinquantina di persone aveva potuto beneficiare - in maniera del tutto illecita - del fondo messo a disposizione dallo Stato per sostenere coloro che, dopo un periodo di lavoro, vengono lasciati a casa. Una fase particolarmente critica, quella della ricerca di un nuovo lavoro, che viene sostenuta con risorse pubbliche.

A incassare l’indennità di disoccupazione era, tra gli altri, anche Raffaele Buonanno, 60 anni, braccio destro del boss Luciano Donadio. Nell’ordinanza firmata dalla gip Marta Paccagnella viene riportata una tabella riassuntiva fatta dalla Guardia di Finanza con gli importi percepiti. E Raffaele Buonanno, assieme a Giacomo Fabozzi, nipote del boss con funzioni di picchiatore, sono coloro che hanno incassato le somme maggiori. Trentaseimila euro dal 2010 al 2015 per il braccio destro del capo dei Casalesi che comandavano a Eraclea, 28 mila euro per il nipote, entrambi finiti in carcere nel maxi blitz di martedì con 50 arresti.

Soldi dall’Inps, sempre senza averne alcun diritto secondo gli investigatori, tra gli altri anche per Tommaso Napoletano, Antonio Basile, Nunzio Confuorto, Salvatore Salvati, tutti in cella. Ma sono una cinquantina i casi di indennità di disoccupazione percepite indebitamente da parte di coloro che gravitavano nelle aziende in mano ai Casalesi di Eraclea che i finanzieri del Gico hanno censito.

Alle assunzioni - spesso completamente fittizie, nonostante fossero formalmente documentate - corrispondevano finti licenziamenti e, quindi, la corrispondente indennità di disoccupazione.

Una frode, quella all’Inps, che procede di pari passo con quella che, secondo il sostituto procuratore Terzo, il sodalizio criminale era riuscito a mettere a segno ai danni dell’Erario, in particolare attraverso la produzione di fatture per operazioni inesistenti per molti milioni di euro grazie ad una fitta rete di aziende, intestate anche a prestanomi, che poi finivano in bancarotta fraudolenta.

Scrive la gip che «Il sodalizio criminale ha proseguito nel lucroso sistema delle false assunzioni da cui derivano costanti guadagni. A fronte di una attività imprenditoriale effettiva ridotta ai minimi termini, risulta un numero molto elevato di dipendenti che mai si recano al lavoro.

Le false assunzioni sono attuate sia dietro corrispettivo in favore di estranei, al fine per lo più di ottenere il permesso di soggiorno, sia allo scopo di far conseguire l’indennità di disoccupazione o per conseguire altri vantaggi fiscali e assistenziali. O infine vengono poste in essere, di urgenza, in favore di sodali o persone prossime al sodalizio per far ottenere loro benefici penitenziari o affievolimento di misure cautelari».

Conclude la giudice che «questo meccanismo offre al sodalizio mafioso un modo perfetto per mettere in circolazione, nel circuito apparentemente lecito dell’economia, sotto forma di pagamento dei salari, il denaro che proviene dall’esercitazione delle attività usuraie e delle frodi fiscali». —

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