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Marghera si ribella contro lo striscione anti moschea di Fn

Il blitz davanti all’edificio ha provocato le reazioni di Municipalità e parrocchia. Gli islamici: «Vogliamo pregare in pace». Il Rivolta: «Siamo città con anticorpi»

Mitia Chiarin
2 minuti di lettura

MARGHERA. “No Moschea”: un grande striscione affisso in via Lazzarini, vicino a Panorama, dai militanti di Forza Nuova scatena la reazione di Marghera. Il capannone è della comunità islamica, che ci vuole realizzare una moschea, ma non viene usato perché occupato da un altro gruppo.

La preghiera si svolge sempre in via Monzani dove è solo arrivato l’eco di quello striscione steso a testimoniare “la contrarietà” del gruppo di estrema destra che con il responsabile provinciale, Rudi Favato sollecita «un referendum tra i cittadini, visto che il luogo di culto è ubicato in un’area commerciale, quella del Panorama, frequentata dai cittadini e dalle famiglie di Mestre e Marghera». 

«Il luogo di culto oggetto della bravata notturna di Forza Nuova a Marghera non ha mai dato problemi a nessuno. A Marghera i problemi li abbiamo, e li abbiamo avuti, con spacciatori, delinquenti violenti, degrado, sfratti, povertà, licenziamenti, disoccupazione, inquinamento, e con l’odio politico. Non ci sono mai stati problemi con nessuna religione. Spero che Forza Nuova non intenda crearceli adesso», dice Gianfranco Bettin, presidente della Municipalità.

Michele Valentini, del centro Rivolta, avverte: «Marghera è quartiere esempio di multiculturalità e ha gli anticorpi per rispondere alla banda dei selfie e alle sue azioni da nottambuli».

Don Nandino Capovilla, parroco della Cita di Marghera, solidarizza con la comunità islamica e l’Imam e offre la sua riflessione: «Marghera è una città dove il dialogo è realtà. Di recente è nato anche un gruppo di dialogo cristiano-islamico che si confronta e dove si prega assieme». Il parroco esprime solidarietà all’Imam che a Natale è stato ospite della parrocchia.

Sadmir Aliovski, presidente della comunità islamica, getta acqua sul fuoco: «Non abbiamo visto lo striscione perché non sono venuti in via Monzani ma sono andati in via Lazzarini dove il capannone è occupato da altre persone e dove noi attendiamo di poter realizzare il progetto della moschea. Hanno sbagliato sede».

Aliovski ribadisce la volontà della comunità di realizzare un luogo di preghiera per i venticinquemila islamici che vivono nel Comune di Venezia. «In questi anni abbiamo ricevuto tante lettere di minacce. Ci teniamo a ribadire che siamo contro qualsiasi politica dell’odio. La nostra comunità non vuole regali da nessuno. Non prevediamo di realizzare cupole o minareti ma vogliamo costruire un luogo, garantito dalla legge italiana, dove poter professare la nostra religione in pace», ribadisce il rappresentante della comunità islamica che ad ottobre aveva rivolto un appello al sindaco.

L’articolo 8 della Costituzione italiana recita: “Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano”.

In Italia c’è libertà di culto ma la contestazione verso le moschee, porta anche a grossolani errori: si attacca la chiesa copta di Campalto che riunisce i cristiani egiziani. O la chiesa ortodossa rumena di Zelarino. —

Mitia Chiarin

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