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In 600 per salutare il sedicenne Alif una colletta per riportarlo in Bangladesh

Cerimonia islamica per il giovane morto per cause misteriose. Con i soldi raccolti la famiglia pagherà anche un legale

Alessandro Abbadir
2 minuti di lettura

la cerimonia

C’erano oltre 600 persone ieri mattina nel centro di via Linghindal a Mestre per dare l’ultimo saluto con rito islamico a Mosheur Rahman, per tutti Alif, il 16enne bengalese morto in ospedale lo scorso 30 agosto e per il quale la famiglia chiede sia fatta massima chiarezza.

Il giovane era andato al pronto soccorso portato dai famigliari diverse volte ad agosto, ma era stato rimandato a casa dai medici secondo cui la situazione non era preoccupante. La situazione invece è precipitata e per il ragazzo alla fine è scattato il ricovero: qualche giorno dopo il terribile annuncio della morte cerebrale. «Si è parlato di encefalite e anche di tubercolosi», spiega ai funerali Prince Howlader, che parla per conto della famiglia ed è portavoce della comunità bengalese, «La morte di Mosheur non è ancora stata chiarita. Non accusiamo nessuno, tantomeno l’ospedale, vogliamo solo emerga la verità». Il 12 settembre si era svolta anche una manifestazione per chiedere la verità sul decesso del 16enne.

Il piazzale di via Linghindal, una laterale di via Torino, ieri faceva fatica a contenere tutti i partecipanti al rito, nonostante fosse domenica. «Sono arrivate», dice Sharif Allam per il centro culturale islamico, «tantissime persone». Il rito islamico guidato dall’imam, dall’arrivo della bara del giovane che è stata disposta all’ingresso del piazzale fino alla sua conclusione, è durato una quindicina di minuti. A salutare il figlio che venerdì prossimo sarà portato in Bangladesh per la sepoltura,c’erano in prima fila il papà Enamul Rahman e un fratello, chiusi in un dolore composto. Il papà, che lavora da anni a Fincantieri a Marghera come operaio, da qualche mese aveva portato la moglie e tre figli in Italia a vivere con lui. Aveva iscritto il 16enne al primo anno delle superiori.

Mosheur aveva già fatto la prima dose del vaccino anti Covid Moderna. Il 14 agosto aveva cominciato a sentirsi male, poi via via sempre peggio fino alla morte. Nei giorni scorsi con una manifestazione per le vie di Mestre, organizzata dalla comunità bengalese e da altre associazioni a cui avevano partecipato 300 persone, si era chiesta chiarezza sull’accaduto. L’Usl 3 dal canto suo ha più volte sottolineato di voler «collaborare a ogni ricerca che possa certificare la correttezza dell’operato dei sanitari».

«Abbiamo chiesto», hanno spiegato il papà e Prince Howlader alla fine della cerimonia, «una donazione volontaria ai partecipanti e a chi vorrà per aiutarci a sostenere le spese legali e quelle per la sepoltura in Bangladesh di Mosheur. Spese che ammontano a oltre 7 mila euro». Fino a venerdì il corpo resterà all’obitorio dell’ospedale di Mestre.

Ieri mattina al funerale, a portare il cordoglio del proprio gruppo politico, c’era il consigliere comunale del Partito Democratico Paolo Ticozzi. «Ho portato il cordoglio di persona alla famiglia», ha detto Ticozzi, «Resta aperto il problema della tessera sanitaria che il ragazzino non aveva. È un diritto di chi risiede avere assegnati un medico di famiglia e una tessera sanitaria». Il problema è molto sentito dagli stranieri e in particolare da tutta la comunità bengalese che conta che oltre 7 mila residenti nel solo Comune di Venezia. —

Alessandro Abbadir

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