Palermo

Via D’Amelio, i boss accusati dal falso pentito chiedono i danni allo Stato

I condannati per la strage dopo il depistaggio Scarantino presentano il conto allo Stato: “Dateci un anticipo di un milione"
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I mafiosi accusati ingiustamente per la strage di via D’Amelio presentano il conto allo Stato. Un milione di euro, questa la somma che hanno chiesto come «provvisionale», ovvero come anticipo sul risarcimento complessivo, costituendosi parte civile nell’udienza preliminare che inizierà il 20 settembre al tribunale di Caltanissetta. Imputati sono il questore Mario Bo, gli ispettori Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, gli investigatori del gruppo “Falcone-Borsellino” che secondo la procura nissena avrebbero costruito ad arte il falso pentito Scarantino.

E dopo la costituzione in udienza, i boss hanno anche chiesto tramite i loro legali che vengano citati come «responsabili civili» la presidenza del Consiglio dei ministri e il ministero dell’Interno. Il gip Francesco Lauricella ha accolto l’istanza. Sono già partite le convocazioni per Palazzo Chigi e per il Viminale, che dovranno presentarsi in tribunale tramite l’Avvocatura dello Stato. Avvocatura che sarà presente in aula anche in rappresentanza del ministero della Giustizia, ma questa volta nella veste di «parte offesa».

Sono parti civili Cosimo Vernengo, Giuseppe La Mattina, Gaetano Murana, Gaetano Scotto e Natale Gambino. Non si sono invece costituiti Salvatore Profeta e Giuseppe Urso, di recente riarrestati per mafia. «L’udienza preliminare che si celebrerà è un primo importante passaggio — dice l’avvocata Rosalba Di Gregorio, che assiste le parti civili con i colleghi Giuseppe Scozzola e Giuseppe D’Acquì — ma come dice la sentenza del Borsellino quater, dietro Scarantino non c’è stato un mero errore giudiziario, bisogna piuttosto scoprire le ragioni del depistaggio». Alcuni dei fatti raccontati da Scarantino sono infatti davvero avvenuti, solo che i protagonisti erano diversi. «Chi ha suggerito ai suggeritori?», si chiedono i giudici del Borsellino quater, ipotizzando manovre oscure dietro l’ex capo della squadra mobile di Palermo Arnaldo La Barbera, che è deceduto nel 2002.

Dice l’avvocato Nino Caleca, che assiste il dottore Bo: «La presenza del responsabile civile è un atto dovuto da parte di chi ritiene di aver subito un danno. Ma anche un atto dovuto da parte delle istituzioni che devono tutelare i propri uomini». Caleca ricorda che già un altro gip, a Caltanissetta, si è pronunciato su alcuni funzionari del gruppo “Falcone Borsellino”, fra cui Mario Bo: «E quel giudice ha ritenuto totalmente innocenti i funzionari di polizia». Si prevede già un processo parecchio movimentato.