Palermo

Il procuratore di Catania: "Ciancio socialmente pericoloso, linea editoriale per celare imprese boss"

Carmelo Zuccaro: "Verifica di apporto costante e di rilievo verso Cosa Nostra"

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"Il Giudice ha accertato la pericolosità sociale qualificata da parte di Mario Ciancio Sanfilippo fondata sulla verifica del fatto che vi è stato un apporto costante e di rilievo nei confronti di Cosa nostra". Lo ha detto il Procuratore a Catania Carmelo Zuccaro incontrando la stampa in merito al sequestro dei beni per almeno 150 milioni di euro dell'imprenditore e editore, Mario Ciancio Sanfilippo, comprendente 31 società e soprattutto il quotidiano La Sicilia, le emittenti Antenna Sicilia e Telecolor e quote di maggioranza della Gazzetta del Mezzogiorno. Una valutazione quella sulla pericolosità sociale riferibile fino al 2013, quando è stato raccolto dai pm l'ultimo riscontro. Secondo la Dda catanese, Ciancio
Sanfilippo con la linea editoriale tenuta non voleva "porre all'attenzione dell'opinione pubblica gli esponenti mafiosi non ancora pubblicamente coinvolti dalle indagini giudiziarie e soprattutto l'ampia rete di connivenze e collusioni sulle quali questo sodalizio mafioso poteva contare per mantenere la propria influenza nella provincia catanese". I profili di pericolosità sociale evidenziati dal pubblico ministero attengono anche "all'impiego di grandi quantità di capitali di provenienza mafiosa investiti nelle iniziative economiche, anche di natura speculativa immobiliare, poste in essere nell'arco di numerosi decenni dal proposto".

"Vi sono gravi indizi - dice la procura catanese - che indicano che Ciancio Sanfilippo ha dato un rilevante contributo "al raggiungimento delle finalità perseguite dalla famiglia catanese di Cosa Nostra dagli anni Settanta dello scorso secolo sino al 2013". Ciancio ha intrattenuto "rapporti sinallagmatici con gli esponenti di vertice della famiglia catanese di Cosa Nostra sin da quando la stessa era diretta da Giuseppe Calderone, rapporti poi proseguiti ed anzi ulteriormente intensificati con l'avvento al potere di Benedetto Santapaola alla fine degli anni Settanta del secolo scorso ed al ruolo di canale di comunicazione svolto dallo stesso Ciancio per consentire ai vertici della predetta famiglia mafiosa di venire a contatto con esponenti anche autorevoli delle Istituzioni".

Ieri sera l'imprenditore ha comunicato di avere lasciato dopo 51 anni la direzione della testata catanese, protestando la propria innocenza e la propria assoluta distanza dalla mafia, ma per la procura avrebbe avuto un "rapporto continuativo con esponenti di Cosa nostra" e il suo patrimonio "è in parte frutto di reato e in parte non trova giustificazione nei redditi conseguiti, quindi deve ritenersi illecito". Per l'accusa Ciancio "piegava alla sua volontà la linea editoriale, non solo scegliendo persone di sua fiducia e allontanando giornalisti non graditi, ma anche dettando precise direttive laddove aveva specifici interessi imprenditoriali". E la mafia sarebbe stata "interessata" a tale linea editoriale.

Avverte la procura che non si vuole sostenere che "la linea editoriale abbia apportato un contributo stabile a Cosa nostra catanese", ma cita alcuni casi come "la mancata pubblicazione del necrologio del commissario Montana nel 1985, le campagne di stampa di quando iniziò a collaborare il boss Avola, o i titoli sull'arresto di Benedetto Santapaola o la pubblicazione di lettere di capimafia quali Vincenzo Santapaola o dei Cappello". Così la procura ritiene che, "comunque, l'analisi della linea editoriale, in alcuni casi 'non ostile' a Cosa nostra, deve certamente essere raffrontata con la libertà di stampa".

Tra i casi elencati dai magistrati anche la convocazione nell'ufficio di Ciancio di un suo giornalista che trovò seduto Giuseppe Ercolano che protestava perchè definito dal cronista in un suo articolo "massimo esponente della nota famiglia sospettata di mafia". "Mai nessun rapporto con i boss", ribadisce l'86enne Ciancio, sotto processo per concorso esterno e che, rivendicando "il diritto vivere da cittadino libero da interminabili processi", prepara l'appello contro l'ultima pesantissima tegola giudiziaria.