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Palermo, appello del Nobel per la pace e del leader buddista per l'amicizia e la solidarietà

Adolfo Pérez Esquivel e Daisaku Ikeda hanno scritto un appello rivolto ai giovani del mondo, presentato ieri mattina ai Cantieri culturali alla Zisa

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La vita, per quanto bellissima, è anche sofferenza e, che ci piaccia o no, dobbiamo fare i conti con il dolore. E' una di quelle verità inopinabili riprese dalle filosofie e dalle religioni di tutto il mondo, sulla quale tutti sembrano essere d'accordo. Il problema, casomai, è come affrontare ciò che ci fa soffrire. Dal cristianesimo al buddismo, dall'ebraismo all'induismo, nel corso dei secoli, filosofi, teologi e scienziati si sono interrogati sulla capacità dell'uomo  di affrontare eventi traumatici e periodi critici, non solo dal punto di vista individuale, ma anche da quello globale. In una parola, resilienza.

Termine, oggi, probabilmente inflazionato, che però suggerisce importanti spunti di riflessione. Ed è proprio sul tema della Resilienza e della Speranza che due personaggi come Adolfo Pérez Esquivel, premio Nobel per la Pace  e Daisaku Ikeda, leader spirituale dell'Istituto buddista italiano Soka Gakkai, hanno scritto un appello rivolto ai giovani del mondo, presentato ieri mattina, ai Cantieri culturali alla Zisa, agli studenti di alcune scuole palermitane.

"Noi due abbiamo vissuto le tempeste delle guerre - scrivono i leader - e le violenze del ventesimo secolo. Sentiamo quindi il bisogno di avvicinarci ai giovani del ventunesimo secolo per affidare loro il compito di tenere in alto la fiaccola dell'amicizia e incoraggiare la solidarietà tra i popoli". Un appello nel quale si affida alle nuove generazioni il testimone della difesa dei Diritti umani, della pace, dello sviluppo solidale e sostenibile, come atto di fiducia nelle loro capacità per affrontare le sfide future. "Bisogna lavorare - si legge ancora nell'appello- per sostenere l'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite che punta a 'trasformare il nostro mondo'. Per cooperare all'obiettivo di sradicare la povertà del nostro pianeta, dobbiamo superare le differenze tra paesi, etnie, religioni e culture". I giovani, dunque, destinatari di messaggi  importantissimi, responsabilità, questa, non indifferente. "La speranza è una necessità  - ha detto Giorgio Pace, 18 anni, studente del Liceo Classico Vittorio Emanuele II, intervenuto all'incontro - perché non ci può essere futuro senza speranza e noi giovani dobbiamo necessariamente  credere in un mondo migliore nel quale non ci siano differenze abissali tra le persone. Se questo può sembrare illusorio, il nostro compito è proprio quello di trasformare l'utopia in realtà".  

"Siamo noi che dovremo mandare avanti - dice Serena Giglio, 21 anni - il nostro pianeta Terra e nell'appello dei due leader si parla soprattutto dell'atteggiamento che noi giovani dobbiamo utilizzare e che contiene sì la speranza, ma soprattutto la forza. Dobbiamo essere attivi in ogni settore della nostra vita, ed io personalmente concordo con quanto detto da Daisaku Ikeda e da Pérez Esquivel".  Sul palco del cinema De Seta, tra gli ospiti, anche Antonio La Spina, ordinario  di Sociologia all'università Luiss di Roma. "I ragazzi di oggi  - ha spiegato La Spina - che vivono nei paesi cosiddetti sviluppati, rispetto ai loro coetanei più poveri, hanno sicuramente possibilità superiori, ma, al contempo,  hanno una restrizione dell'orizzonte di vita perché le nostre società invecchiano, e invecchiando sacrificano il lungo periodo, cioè il futuro dei giovani".

Più ottimista Francesca Corrao, presidente del Comitato scientifico della Fondazione Orestiadi e docente di Lingua e Cultura araba all'università Luiss di Roma. "Ikeda - ha ricordato la Corrao - è un uomo di pace e uno dei suoi messaggi fondamentali è quello in cui dice che la pace non si fa da sola, la pace la facciamo ognuno di noi, prima con noi stessi e poi con gli altri. Dobbiamo soltanto tirare fuori tutto il coraggio e la speranza che alloggia nel nostro cuore. Bisogna essere ottimisti, perché nella storia i momenti di difficoltà sono stati le occasioni per grandissimi cambiamenti e sono sicura che questo cambiamento è già in corso".

Adattarsi, dunque, ma soprattutto reagire senza spezzarsi. Nell'appello dei leader non esistono riferimenti specifici al cattolicesimo e al buddismo, ma semplicemente risuona la volontà dell'essere umano di vincere sugli orrori del mondo "E' questo è il motivo - conferma Emanuele Zimmardi responsabile delle relazioni esterne dell'Istituto buddista italiano Soka Gakkai - per cui siamo contro la guerra, lottiamo per la salvaguardia dei diritti umani, per la cancellazione delle bombe atomiche, per il rispetto della natura e dell'ambiente. Insomma, siamo per  un uso della politica  e dell'economia positiva e umana". Palermo non è immune da questo grande progetto globale, che comprende anche il riconoscimento dei diritti umani. "Cosa è la pace - ha detto il sindaco Leoluca Orlando - se non l'accettazione dell'altro, senza distinzione di sesso, religione e di lingua? Da questo punto di vista, Palermo contribuisce alla pace essendo una città "razzista", nel senso che a Palermo esiste soltanto una razza, quella umana".