Palermo

Mafia, confiscata catena di negozi Bagagli. Sorveglianza speciale per il titolare e il boss Salvatore Milano

I beni passano allo Stato a cinque anni dal sequestro, Cosa nostra avrebbe fatto affari con la catena di negozi aperta al centro della città
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Confiscata la catena di negozi Bagagli a Palermo. Il decreto è della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo. La confisca riguarda l’intero capitale sociale e il complesso dei beni aziendali della società “Bagagli srl” con sede a Palermo in viale Libertà 14/c, della società “Bagagli Sas” di via XX Settembre 54 e della "Bagagli 1987 srl" di via Messina 36. Il tribunale ha applicato a Salvatore Milano, boss di Porta Nuova, la misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di residenza per quattro anni. Sorveglianza speciale e obbligo di dimora anche per Filippo Giardina, cugino di Milano, titolare dei negozi Bagagli e considerato il prestanome del clan di Porta Nuova. Per lui la durata della misura personale è di tre anni.

Lungo l’elenco degli altri beni confiscati a Giardina e ai suoi parenti tra terreni, auto, moto, barche, conti correnti. C’è anche una tabaccheria di via Messina Marine. Alcuni appartamenti, invece, sono stati dissequestrati. Confisca di beni anche per SalvatoreMilano d suoi parenti: conti correnti e quote societarie. A eseguire il decreto di sequestro è stata la Dia. Cosa nostra, secondo le indagini della Dia e del Gico della Finanza, avrebbe fatto affari con la catena di negozi aperta al centro della città. E quei negozi sarebbero stati addirittura nelle mani del clan Nicchi. Questo hanno raccontato quattro pentiti. Il sequestro nel 2013 arrivò per sei punti vendita a Palermo e uno a Bagheria. Ma Bagagli era sbarcato anche a Catania, in corso Italia. In questi anni alcuni punti vendita sono stati chiusi. 

Giardina e Milano sono cugini acquisiti, ma fra di loro ci sarebbe stato un vincolo ancora più stretto, secondo gli investigatori, e metà dell’impero Bagagli sarebbe stato di Milano. Il pentito Andrea Bonaccorso raccontò: "Sapevo che Milano detto Tatieddo aveva interessi nei negozi Bagagli. Un giorno, dopo avere utilizzato una carta di credito clonata in un negozio della catena, per effettuare degli acquisti, fui chiamato da Salvatore Milano. Mi chiese espressamente di rimborsare Giardina per la truffa che avevo fatto".

Il nome "Bagagli" era stato trovato anche in un pizzino di Salvatore Lo Piccolo: "Totucc Milano Bagagli". Da questa frase è iniziata l'indagine della Dia. Nell'ambito di un'altra indagine è emersa anche un'intercettazione che dice chiaramente degli interessi del boss Milano nella catena Bagagli. Il dirigente del Palermo Antonio Schio diceva a Milano: "Mi ha chiamato Filippo perché insomma ha fatto, ha fatto la pubblicità con Cavani". E il boss diceva soddisfatto: Eh, senza spese, senza usare soldi, risparmiare sempre". In un'altra conversazione, Schio rappresentava a Milano l'esigenza dell'allora allenatore del Palermo Stefano Colantuono di acquistare un paio di scarpe. Il boss non ebbe dubbi e invitò subito Schio ad accompagnare Colantuono in uno dei negozi Bagagli, per prendere "gratuitamente" un bel paio di scarpe.