Palermo

Trapani: i voti del boss contesi da due candidati di Forza Italia

Non solo Stefano Pellegrino aveva chiesto aiuto a Calogero Jonn Luppino arrestato venerdì, anche Toni Scilla, come emerge dalle intercettazioni, voleva sostegno per le regionali e poi per le politiche

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Non c’era solo il deputato regionale Stefano Pellegrino fra i politici trapanesi che dall’autunno del 2017 al marzo del 2018 hanno gravitato attorno alla coppia Calogero Jonn Luppino — Salvatore Giorgi, due dei tre arrestati per associazione mafiosa venerdì all’alba. Anche Toni Scilla, candidato di Forza Italia alle regionali del novembre 2017 e alle politiche di marzo scorso, contattò i due collettori di voti legati a Cosa nostra. In entrambi i casi Scilla non è stato eletto: è finito primo degli sconfitti alla tornata per conquistare un seggio all’Ars ed è uscito battuto nella sfida all’uninominale per il Senato dall’armata grillina che alle politiche fece cappotto sull’Isola.
Stefano Pellegrino 
Nelle carte dell’ultima operazione dei carabinieri, i magistrati della Dda di Palermo descrivono i motivi delle due sconfitte di Scilla, sottolineando come siano stati profondamente diversi. Scilla ad oggi non è fra gli indagati dalla procura, è un politico che conosce molto bene gli equilibri di potere del territorio e sa a chi rivolgersi per ottenere consenso alle urne. Come nel caso di Pellegrino (lui sì eletto all’Ars) anche Scilla si rivolge alla coppia Luppino-Giorgi per ottenere i 1.000-1.500 voti che i due controllerebbero nella zona di Campobello di Mazara, «confidando nel largo consenso ottenuto dalla coppia in occasione delle precedenti elezioni comunali di Campobello di Mazara — scrivono i magistrati — attraverso il loro movimento politico Io amo Campobello».

Ma per le regionali 2017, secondo quanto sostengono gli inquirenti, le famiglie mafiose hanno già scelto il loro cavallo. Si tratta di Stefano Pellegrino, preferito a Toni Scilla. Entrambi corrono per Forza Italia. Secondo gli inquirenti sarebbe stato Francesco Luppino, boss in carcere da otto anni molto vicino a Matteo Messina Denaro, a scegliere chi sostenere. Francesco Luppino tramite il nipote Calogero Jonn e Salvatore Giorgi avrebbe dato l’ordine dal carcere di esprimere la preferenza per l’avvocato Stefano Pellegrino (poi effettivamente eletto) anziché per Toni Scilla, entrambi candidati all’Assemblea regionale siciliana nella lista di Forza Italia. Tutti gli sforzi vanno concentrati su di lui. Nelle migliaia di ore di intercettazioni i carabinieri ascoltano un colloquio il 9 ottobre 2017 fra Luppino e un suo collaboratore. I toni sono perentori: «Ti ordino di non fare più riunioni con Scilla, non fare più niente con nessuno ed inizia...Perché ti porto i facsimile e pure i manifesti…Quindi ti devi esporre in prima persona, non cominciare a fare la carta tre!”. Scilla viene “mollato” e la macchina del voto di scambio si attiva per Pellegrino.

Scilla è costretto ad accettare la decisione di puntare su Pellegrino, da parte del duo Luppino-Giorgi dietro i quali ci sono i boss vicini al super latitante. E incassa il colpo anche perché dopo pochi mesi ci sarebbe stata una seconda chance, le politiche di marzo 2018. Per questo non rompe i rapporti, tanto che puntualmente nel febbraio 2018 è proprio Scilla che contatta Luppino per ricevere appoggio elettorale. È molto fiducioso Scilla, corre nell’uninominale al Senato, ha visto quanto vale l’appoggio dei due campobellesi nell’elezione di Pellegrino all’Ars e spera che lo stesso appoggio gli consegni un seggio a Palazzo Madama. Ma non ha fatto i conti con l’onda del movimento 5stelle.